Recensione: Liturgies Contemporaines

Di Matteo Bevilacqua - 8 Novembre 2022 - 8:30
Liturgies Contemporaines
Etichetta: FTF Music
Genere: Progressive 
Anno: 2022
Nazione:
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80

Vi sono alcuni attimi, brevi e fragili, nella nostra personale esperienza musicale dove veniamo colti da una sorta di epifania la quale, dolcemente, ci conduce con sé e ci lascia nella rassicurante consapevolezza che forse non tutto è perduto, forse alcuni aspetti della musica sono ancora in grado di trasmettere emozioni che possono elevarci dal torpore generale. Per chi scrive, la più recente è avvenuta ascoltando i primi 30 secondi dell’opener di Liturgies Contemporaines, album consegnatoci dalla francese Bad Dog Promotions, opera dei Solace Supplice. Le tempistiche sono sfortunate in quanto ci troviamo a recensire il lavoro a poche settimane dall’improvvisa scomparsa del chitarrista, cantante e fondatore Eric Bouillette. Non si tratta di un nome nuovo sulle nostre pagine: abbiamo conosciuto Eric e la tastierista Anne-Claire Rallo con la loro band neo prog Nine Skies in occasione dell’uscita dell’ottimo 5.20.

La coppia marito e moglie Eric e Anne-Claire, affiancati  nella sezione ritmica da Willow Beggs (figlia del più famoso Nick) e Jimmy Pallagrosi, ha messo insieme il progetto Solace Supplice nel 2020 rilasciando l’omonimo EP. Rispetto ai già citati Nine Skies i nostri svelano un mondo artistico originale caratterizzato da un rock potente con atmosfere oscure ed eteree. A livello compositivo, i brani mantengono un incerto senso di disperazione, mentre gli argomenti trattati passano dal dolore alla schizofrenia paranoica, alla pura decadenza.

“Le Tartuffe Exemplaire” ci dà il benvenuto con un frammento radiofonico tratto dalla BBC semi nascosto da una linea di chitarra semplice ma evocativa. La sezione ritmica entra immediatamente con un tiro formidabile, mentre la voce a tratti schizofrenica di Bouillette e il suo micidiale assolo di chitarra completa il paesaggio sonoro. Una bomba. Da specificare che il brano (come tutto il disco del resto) è cantato in francese, ma non sarà questo a fermarci ora.

“Sunset Street” mostra un lato più electro della band. L’utilizzo di synth con bassi tremanti ricorda “Song Of I” (dall’album To The Bone di Steven Wilson). L’effettistica usata sulla voce unita ai suoni taglienti della chitarra elettrica ci rimandano al lato più dark dei primi Queensriche. La voce qui è sottile e incarna perfettamente il carattere compulsivo e decadente della teatralità di Eric. Ancora una volta splendido l’assolo di chitarra sul finale .

La successiva “A demi-maux” non decolla completamente, pur mantenendo alto il livello complessivo. La perdita momentanea del focus è sicuramente spezzata con uno splendido assolo di sassofono.

Siamo ora al cospetto di “Les Miradors” che, con le fitte tastiere e una chitarra di Gilmouriana memoria ci trascina in un ritornello epico dove l’uso ossessionante di backing vocals in falsetto richiamano la title track di Insurgentes del già citato Wilson. Ennesimo grande assolo di Eric a metà traccia, sostenuto da una spinta frenetica della sezione ritmica. Davvero un brano sopra la media.

Quando i nostri si concedono una pausa, lo fanno in maniera esemplare con la riflessiva “Cosmos Adulterin” che si presenta calma e maestosa allo stesso tempo. Splendida l’esplosione sinfonica nella sua conclusione, dove la preparazione strumentale del quartetto è davvero notevole.

Proseguiamo con l’ipnotica “Schizophrenie paranoide” la quale mostra un groove contagioso costituito da chitarre metal che pur molto indietro nel mix fanno scuotere la testa, complice l’impressionante drumming di Jimmy. L’atmosfera è meravigliosamente inquietante ed è davvero un peccato che la traccia duri solo 3 minuti, sarebbe potuta continuare in un loop.

Dopo un intro di violino, le atmosfere spettrali di “Au cirque des âmes” (titolo quantomai calzante) ci invitano a percorrere un viaggio che solo “Psycho Circus” dei Kiss era riuscito a evocare a suo tempo. Il risultato è un carnevale assurdo abilmente architettato dalle cupe tastiere della giostraia Anne-Claire.

Si cambia registro con “En guidant les hussards” ed ecco un intro in stile world music con bonghi, synth pads e una semplice chitarra acustica. Con l’arrivo della voce di Eric il brano prende una piega introspettiva che esplode con un assolo di sassofono dai connotati molto 80’s sorrretto da una solida chitarra rock. Come per il resto dell’album, le tastiere di Anne-Claire scorrono libere impreziosendo il prodotto finale.

Siamo giunti finalmente alla title track. I livelli sono eccelsi, fin dall’apertura. Saranno i richiami Anathema di A Natural Disaster nei backing vocals, saranno le stratificazioni chitarristiche unite alla forte componente elettronica a’la Depeche Mode, sarà il tema ossessivo di questa liturgia contemporanea che si imprime immediatamente nella mente, resta il fatto che questo brano esprime tutta ciò che è tragico della vita.

La band ha ancora qualche carta da giocare con “Dans la couche du diable”. Un semplice pianoforte con un accenno di elettronica nel sottofondo introduce questo delicato brano dove un Eric ancora più intimo e personale continua nel suo intento di stregare la nostra mente. Momenti acustici si contrappongono a brevi crescendo di intensità.

Per un’ultima volta il pianoforte ipnotico di Anne-Claire ci introduce a “Marasmes et décadence” al quale spetta il compito di chiudere album. Il brano è monocorde, ossessivo e angosciante, esplode in un trionfale scambio di assoli di chitarra e di una tastiera squisitamente prog e improvvisamente si spegne lasciandoci nel vuoto totale.

Tirando le somme, Questa è musica oscura, cupa, frenetica, ansiosa e straziante, meravigliosa ed eterea, suonata in maniera impeccabile. Il lavoro delle tastiere e delle chitarre è esemplare. Per quanto riguarda basso e batteria, è notevole l’uso della moderazione di Willow e Jimmy nel saper gestire attimi dove la musica richiede dello spazio alternati a momenti di grande impatto. La voce a tratti sussurrata, a tratti rabbiosa e contorta di Eric è sempre emozionante e, con il suo incedere spettrale e nebbioso, completa il pacchetto.

Forse l’unico limite di quest’album è il fatto che il cantato sia interamente in francese. Ma sia chiaro, questo è da intendersi come un limite di chi ascolta, non della band.

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