Recensione: Lunar Gateway

Di Francesco Sgrò - 2 Ottobre 2020 - 12:52

Per la serie “A volte ritornano”…

Correva l’anno 2012, quando i power-metaller capitolini Ivory Moon pubblicavano il loro terzo album, intitolato Dark Time. Per un curioso disegno del destino, subito dopo la pubblicazione del disco, una fitta ombra calò sul nome della band romana, che, di fatto, scomparve dalle scene, ponendo dunque un grande punto interrogativo sul proprio futuro artistico, fino ai nostri giorni. Dopo un letargo durato ben otto anni, ecco che la “Luna d’avorio” torna finalmente a splendere, sulle ispirate note del nuovissimo Lunar Gateway, pubblicato per la Volcano Records & Promotions, nell’autunno di questo così strano e caotico 2020. Forti di una line-up quasi del tutto rimaneggiata, questo nuovo quarto album dà il bentornato (questa volta alla chitarra) ad Andrea Campisano e saluta con tutti gli onori Patrizio Izzo e Loretta Venditti alla voce, Emiliano Cantiano alla batteria e Fabio Bonuglia alle tastiere.

Il prolungato periodo di stand by non ha influito sulla creatività del combo tricolore, che inaugura le danze con la lunga e articolata Human Greed. La traccia apripista contiene tutti gli elementi tipici del sound degli Ivory Moon, i quali bilanciano alla perfezione melodie orecchiabili con la sontuosa epicità del miglior power metal, per un inizio davvero ben strutturato e convincente. La seguente e più moderna Here We Are(scelta come primo singolo), mostra nuovamente il perfetto connubio fra le voci dei due cantanti, protagonisti di un ritornello diretto e d’impatto.

Man With A Face incarna perfettamente lo spirito più riflessivo ed intimista degli Ivory Moon, i quali confezionano una ballad potente, ricca di pathos e ancora caratterizzata dal suggestivo intreccio fra le due voci. Un elegante velo di malinconia e teatralità cala poi sulla dinamica Dark Side – The Angel Of The Night: anche in questo caso la band capitolina mostra la propria straordinaria capacità di mutare pelle ad ogni brano, mantenendo viva l’attenzione del fruitore. La successiva Astarothsegna un gradito ritorno a massicce sonorità heavy/power, in quello che è probabilmente il miglior momento di questo album. Alla furia di Astarothsi contrappone poi la plumbea teatralità di Breath, la quale eleva Savatage, Dream Theater e Queen a massime muse ispiratrici. La perfetta orecchiabilità di Blood Vampire, fa poi da preludio alle mistiche atmosfere proprie della bellissima e acustica Loch Ness – The Legend Of The Lake, nuovamente caratterizzata dalla suadente ugola della brava Loretta Venditti. Ormai quasi al termine dell’opera, i nostri assestano altri due magistrali colpi di coda che si concretizzano prima nelle intricate trame della oscura The Dominion Sagae, subito dopo, nelle fiabesche atmosfere della bellissima The Game Of Life, in cui le tastiere di Bonuglia sono le assolute protagoniste.

Un ritorno al fulmicotone, dunque, quello confezionato dagli Ivory Moon: questo solido Lunar Gateway dimostra la volontà del combo nostrano di restare attivo e regalare ancora grandi sorprese nel prossimo futuro.

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