Recensione: Maelstrom

Di Daniele D'Adamo - 26 Giugno 2020 - 0:01
Maelstrom
Band: Exocrine
Genere: Death 
Anno: 2020
Nazione:
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80

Una carriera feconda, quella dei francesi Exocrine. Nati nel 2013, con “Maelstrom” tagliano il traguardo del quarto album in carriera. Carriera che ha mostrato un costante, progressivo miglioramento tecnico-artistico sino a lambire le vette del migliore technical death metal oggi in circolazione.

O, forse, meglio ancora, dell’experimental death metal (da alcuni chiamato anche avant-garde metal, che tuttavia lo scrivente ritiene maggiormente adatto alle forme più complesse del black metal), giacché in “Maelstrom” si trova praticamente di tutto. Dalla synt wave al jazz, dalla musica da film alle female vocals, dai breakdown all’inhale, dai blast-beats alla musica sinfonica. Un pot-pourri di elementi così eterogenei fra loro che farebbero impallidire chiunque ma che, invece, convergono con grande decisione in un unico sound, in un unico stile. Praticamente (quasi) solo al Mondo, che rappresenta in ogni caso il maggiore pregio di una formazione sorprendente sotto tutti i punti di vista.

Sì, poiché, al contrario di quanto accade in molti casi nell’ambito del death iper-tecnico, il tutto non è finalizzato a pompare il proprio ego ma, al contrario, è subordinato alla creazione canzoni assolutamente discernibili in ogni loro parte, complicatissime dal punto di vista compositivo ma, assieme, ‘facili’ da ascoltare. Dopo una premessa come quella di cui sopra, ciò sembrerebbe impossibile ma, invece, i Nostri riescono a miscelare la mole di ingredienti per cucinare una pietanza gustosa per tutti i palati. In modo particolare, ma questo era ovvio a priori, per quelli sopraffini. Come riescano in questo, Jordy Besse e i suoi tre compagni d’avventura, sfugge alla logica per fiondarsi nell’universo dell’arte, immaginario cosmo in cui l’attrazione gravitazionale è sostituita dal talento, da quell’invisibile energia oscura che si chiama inventiva, dalla costellazione delle idee.

Non si potrebbe altrimenti spiegare la naturalezza con la quale il combo transalpino riesca a rendere facili le cose difficili. La spontaneità con la quale “Maelstrom” esplora profondissimi abissi emotivi, per esempio, in cui scivolano libere, sulla risacca di un oceano interiore, le note di una malinconica tromba (‘Wall of Water’). Oppure, anfratti dell’anima in cui rimbombano clamorose, stupefacenti orchestrazioni accompagnate da furibonde sfuriate di blast-beats (‘Abyssal Flesh’). Una musica che parrebbe addirittura aliena, talmente ricca di personalità, di carattere e di originalità.

Musica in ogni instante coerente con se stessa, ammantata da un unico costituente che l’abbraccia a volte con forza, a volte con delicatezza: un lontano, quasi impercettibile, angoscioso sentore di salsedine. Il che mostra che anche a livello testuale la band è stata capace di legare musica e parole, operazione che, ai comuni mortali, è decisamente fuori portata.

Nell’incedere dell’allucinante viaggio da ‘Maelstrom’ a ‘Galactic Gods’ ci si trova sempre più invischiati in uno spazio non-euclideo, in cui le tradizionali tre dimensioni lineari si trasformano, si deformano, si piegano sino a pennellare nella mente diedri inconcepibilmente impossibili. È come se la materia curvasse diventando sempre più densa sino a generare un buco nero, la cui rotazione è sincrona con quella del leggendario gorgo marino chiamato con terrore Maelstrom. Il vorticoso movimento ingloba tutte le song, lasciando a esse la propria identità, la propria particolarità, che si estrinsecano all’orecchio umano come tracce del tutto piacevoli da assimilare. Non c’è una melodia classica vera e propria, a sostenerle, purtuttavia l’incommensurabile quantità di suoni emessi dagli Exocrine trovano sempre il groove giusto per interagire meglio che si può con l’esterno. Grazie, anche, a un nocchiero, il già menzionato Besse che, con il suo disperato growling (attenzione, non ‘screaming’), trascina dietro di sé il treno di brani per viaggiare alla velocità della luce in direzione dell’anomalia spazio-temporale suddetta.

Sinceramente, meglio di così non si può pensare come si possa interpretare il technical death metal senza precipitare nell’autocelebrazione di presunti e presuntuosi meriti. Gli Exocrine mostrano con grande coraggio la via maestra da percorrere per sperimentare sino all’inverosimile, non dimenticando mai che, alla fine, chi ascolta è un ‘semplice’ amante del metal estremo e non un esegeta della seconda arte.

Spettacolo.

Daniele “dani66” D’Adamo

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