Recensione: Master Of Disguise

Di Daniele D'Adamo - 17 Ottobre 2007 - 0:00
Master Of Disguise
Band: Lizzy Borden
Etichetta:
Genere:
Anno: 1989
Nazione:
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Nati a Los Angeles (CA, USA) nella prima metà degli anni ottanta, i Lizzy Borden iniziano la loro carriera discografica apparendo in una (la n. 4, 1983) delle leggendarie compilation che la Metal Massacre stampava per dar visibilità alle varie band che avevano la fortuna di prendervi parte. Poi, nel 1984, l’esordio discografico vero e proprio con l’EP Give ‘Em The Axe (Metal Blade, 1984), con successive regolari uscite sino a giungere a Master Of Disguise, a personale parere di chi scrive la massima vetta compositiva dei Nostri.

La band successivamente sparì dalle scene per ricomparire nel 2000 con l’album Deal With The Devil (Metal Blade), funestato, nel 2004, dalla morte per incidente stradale del chitarrista Alex Nelson. Malgrado questo grave lutto, il gruppo è rimasto attivo, ed è di questi giorni l’uscita del loro ultimo lavoro, Appointment With Death (Metal Blade). Nel corso degli anni, sono stati numerosi i cambi di line-up che hanno ruotato intorno al carismatico cantante, Lizzy Borden.

Nello specifico, la formazione che ha dato alla luce Master Of Disguise, oltre a Lizzy Borden, è composta da David Michael Philips (guitars), Ronnie Jude (guitars), Mike Davis (bass) e Joey Scott Harges (drums). Ultima nota sul gruppo: il nome deriva da un caso di duplice omicidio irrisolto, accaduto il 4 agosto 1892, con la trentaduenne Lizzie Borden che venne inizialmente accusata (poi giudicata innocente) del duplice omicidio stesso, perpetrato con un’ascia.

Prima di passare alla disanima musicale di Master Of Disguise, c’è da osservare preliminarmente che lo stesso è stato concepito come opera drammatica (drama), intesa in tal senso come intreccio narrativo e musicale compiuto e destinato alla rappresentazione teatrale, cosa che il gruppo ha sempre messo in opera durante i concerti. E questo approccio, singolare e particolare, lo si percepisce chiaramente durante tutto l’ascolto del platter.

L’album parte con la title-track, Master Of Disguise, dall’introduzione orchestrata che lascia subito spazio al riff secco e metallico delle chitarre, su cui si srotola il cantato melodico di Lizzy, che nelle fasi di pre-chorus e chorus esprime il suo tono vocale (accompagnato dai sempiterni cori tipici del genere anni ’80) con naturalezza e semplicità, ma non per questo senza fascino interpretativo. Nel break centrale, viene dato ampio spazio all’ottimo assolo di chitarra, che spezza la canzone in maniera brillante ed armonica, la quale termina nella maniera classica di una pièce teatrale, con tanto di applausi e fuochi d’artificio.

Con One False Move, i toni si fanno immediatamente cupi, tristi e melanconici, dove languide e dolci orchestrazioni fanno da base musicale per il caldo, profondo e sentito cantato di Lizzy, che pare sondare la parte più intima e nascosta dell’animo umano. Brani di televisione e/o radio, con una telefonata in primo piano, introducono i delicatissimi accordi di chitarra classica di Love Is a Crime, ove Lizzy interpreta in maniera prima dissonante, poi melodica, la base musicale sottostante. Inaspettatamente, squilli di tromba cambiano volto alla traccia, che assume un tono decisamente più scanzonato ed allegro, per giungere al ritornello, semplice, lineare, di facile apprendimento e digestione da parte dell’ascoltatore.

Senza soluzione di continuità ritmica, il platter passa a Sins Of The Flash, dal groove corposo, vigoroso, impreziosito dalle linee vocali trasognanti di Lizzy, che esegue la canzone in maniera impeccabile ed originale. Rintocchi di campane fanno da apripista ai soli di chitarra, sempre melodici ed orecchiabili, che riempiono la parte centrale del brano. Subito dopo, ecco uno degli episodi meglio riusciti del disco: Phantoms, dall’introduzione lugubre e tetra, scandita da parti di piano su cui Lizzy si muove a totale agio e naturalezza. Poi, subentrano le orchestrazioni e la canzone sale di intensità, con un riff portante di chitarra (accompagnato da rintocchi di campana) dannatamente heavy, e una strofa di dirompente melodicità cantata da Lizzy, giungendo poi a pre-chorus e chorus di rara armonia, orecchiabilità e classe sopraffina, memorabili nella loro successione. Allineati all’elevato standard qualitativo della canzone, gli assoli di chitarra, vere canzoni nella canzone.

Never Too Young, e fa capolino la prima, vera, ballata dell’album. Costruita in maniera classica, come in maniera classica viene interpretata dal gruppo, che sciorina momenti di grande intensità emotiva, con un ritornello, nuovamente, difficile da dimenticare, grazie ad una classe compositiva ed esecutiva profusa a piene mani da Lizzy e compagni. Semplicemente stupendo l’assolo di chitarra, ad alto livello emotivo, come del resto accade con costante regolarità nel disco. Un poderoso intro di organo apre poi Be One Of Us, che prosegue poi nella più classica costruzione heavy, fra potenti riff di chitarra, cantato dinamico e chorus iper-melodico interpretato a squarciagola con il supporto dell’immancabile coro di appoggio, a rendere tutto l’insieme pieno e corposo. Assolo di chitarra stupendo per armonicità.

Ed arriviamo all’altra canzone che, a parere di chi scrive, assieme a Phantom, nobilita l’intero album verso vette di assoluta eccellenza: Psycodrama. Il pezzo inizia con un’introduzione di tastiera dal sapore gotico, per poi esplodere in un riffing di chitarra talmente azzeccato da fungere da motivo armonico a se stante. Impressionante la strofa cantata, per dinamicità, linearità e pulizia. Dirompente il refrain, di indimenticabile fattura, inserito una struttura musicale varia ma omogenea. Inquietante il break centrale, dominato da dissonanti ed oscure orchestrazioni. Si prosegue quindi con la seconda ballata del platter, Waiting In The Wings, dalle ariose orchestrazioni a far da introduzione al ritmo lento e cadenzato del brano, su cui Lizzy dà sfogo a tutto il suo talento interpretativo, arrivando anche a tonalità di non facile raggiungimento, mantenendo tuttavia intatta la flessibilità vocale necessaria per cantare al meglio le strofe più difficili in maniera sempre profonda e mai piatta. Anche in questo, l’assolo di chitarra è il giusto completamento di un’altra canzone dal grande songwriting.

Con Roll Over And Play Dead, si ritorna ad un ritmo serrato, dallo stampo tipicamente heavy. Dissonante ma piacevole il pre-chorus, di impostazione classica il ritornello, seguito da veloci e fluenti assoli di chitarra. Scorre Under The Rose, e ci si trova davanti ad una canzone assolutamente atipica, lenta e dai toni dissonanti, frutto del cantato lucido e chiaro di Lizzy, accompagnato dalla chitarra classica e dai cori a suo supporto. Chiude il disco, in maniera più che degna, il Rock’n’Roll di We Got the Power, dalle cromature dorate e dalle armonie più classiche, con una riuscita puntatina nell’hard rock melodico di fine anni ’80, pur restando intatta l’ossatura heavy che sorregge l’album in toto. Anche in questo caso, ampio spazio alla teatralità, con squilli di trombe ed applausi di un immaginario pubblico a concludere il lavoro.

Come si può ben leggere da quanto sopra, l’album ruota attorno alla figura di Lizzy Borden, carismatico e talentuoso leader della formazione omonima, che ha saputo dare alle stampe un lavoro originale, di grande classe e pulizia, ottimamente composto, eseguito (grazie a strumentisti di primo piano) e prodotto; con all’interno alcune canzoni memorabili che elevano l’album stesso, insieme all’intrinseca originalità della proposta, verso l’eccellenza del genere.

Daniele D’Adamo

 

Tracklist:
1 – Master Of Disguise
2 – One False Move
3 – Love Is A Crime
4 – Sins Of The Flesh
5 – Phantoms
6 – Never Too Young
7 – Be One Of Us
8 – Psycodrama
9 – Waiting In The Wings
10 – Roll Over And Play Dead
11 – Under The Rose
12 – We Got The Power

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