Recensione: Mutiny Within
Da più parti si legge che con i Mutiny Within dovremmo aver raggiunto, o quasi, lo stato dell’arte del metal moderno. Regola precisa esige di non prendere mai per oro colato quanto dichiarato da chi – soprattutto – deve vendere il prodotto, e anche in questo caso tale regola si materializza puntuale come un fantasma a mezzanotte. I sei giovani anglo-americani giungono al debut album, “Mutiny Within”, dopo essersi fatti le ossa con due demo e un single i quali, in qualche modo, hanno attirato la Roadrunner che li ha messi subito sotto contratto. Forte di ciò, la band s’è buttata a capofitto della preparazione del full-length di cui si tratta, da pochi giorni in vendita on-line e presso i negozi specializzati.
Allora, se si deve discutere di «modern metal» (?), facciamolo! Lo stile è un coacervo d’influenze le più disparate possibile: heavy, power, thrash, death (metalcore), prog, hard rock si trovano miscelati assieme producendo – alla fine – qualcosa che si può focalizzare, senza andar troppo fuori strada, nel power; magari profumato più di U.S.A. che di Europa. Se poi si riflette per un attimo sul fatto che il power è (anche) la naturale evoluzione dell’heavy, allora potremmo esserci. Considerazioni sulla forma della veste musicale a parte, la sostanza regala un lavoro abbastanza gradevole, anche se per nulla originale nonostante la premessa iniziale. Dai generi sopra elencati, il gruppo attinge le parti più classiche, evitando con cura di inserire, nel calderone, gli elementi maggiormente innovativi provenienti dai generi stessi. Con che, alla fine, l’aver girovagato in lungo e in largo per i tanti arcobaleni che ornano i cieli del pianeta metal, non ha portato a scovare le classiche pentole piene di monete d’oro. Il sound è sin troppo maturo, mancante di sentori freschi e frizzanti: addirittura, forse, stantio. Riuscire a creare qualcosa di spontaneo partendo da così tanti dati non è cosa facile, anzi. Mettere assieme gli stilemi dei più vari generi azzeccando il modo di mettere la propria firma è poi un’impresa davvero difficile, se non disperata. I Nostri non ci riescono e per chi ascolta è molto arduo riuscire a sintetizzare in un unico cristallo lo stile della band: estremizzando il concetto, pare quasi di trovarsi di fronte a una compilation di gruppi diversi. Questa caratteristica negativa è in parte bilanciata dall’impeccabile realizzazione dell’album, sia per quanto riguarda la perizia tecnica dei musicisti, sia per quanto la produzione. Tutti gli strumenti, infatti, sono al proprio posto, senza alcuna prevaricazione di uno rispetto agli altri. Il suono è chiaro e potente, i ragazzi dimostrano di saper suonare in maniera seria e professionale; come professionale è l’approccio di Chris Clancy e di Andrew Jacobs alle linee vocali, assai varie (coerentemente con la musica, si divaga un po’ troppo …) nell’incrociare scream, growl, clean, con netta predominanza di quest’ultimo. La coppia di chitarristi duetta spesso e volentieri col fioretto, rimandando spesso ai migliori interpreti dello shredder ma dilungandosi con soli piuttosto anonimi che sanno di déjà vu; con le tastiere a far da mero sottofondo armonico e la sezione motrice a sviluppare il proprio lavoro senza infamia ma neppure lode.
Se la parte «visibile» di “Mutiny Within” è adulta, quella «invisibile», cioè l’anima e quindi il songwriting, dimostra di essere ancora acerba. Le canzoni appaiono un po’ forzate, nel senso che la scrittura non ha ancora la forte personalità che può solo provenire da musicisti fatti e finiti anche dal lato artistico. L’ascolto prolungato del CD non fornisce i mezzi per sciogliere l’intricata matassa, regalando solo un certo fastidio se non tedio. Qualche brano che emerge tuttavia c’è: “Awake” ha un buon tiro assieme a un accattivante ritornello, “Falling Forever” presenta un piacevole intreccio delle sei corde, “Forsaken” è un mid-tempo cadenzato, intriso di armonie dolci ma non stucchevoli, la conclusiva “Reflections” la quale, finalmente, fa vedere che se vogliono i sei sanno pestare duro e con classe.
Alla fine della fiera, i Mutiny Within appaiono come il più classico dei prodotti fatti a tavolino, dato atto che “Mutiny Within” pare sia stato realizzato con la procedura inversa a quella ordinaria: «abbiamo un target, vediamo come fare per raggiungerlo». Con che, spiace dirlo (la bravura tecnica c’è ed è anche tanta, e quindi è un peccato sprecarla), suona tutto in maniera scolastica e, appunto, artificiosa. Solo il futuro, in definitiva, potrà rivelare se ci sarà margine per un miglioramento sia stilistico sia compositivo. Per ora, la sufficienza è ancora lontana …
Discutine sul forum nel topic relativo!
Track-list:
1. Awake 3:45
2. Images 3:27
3. Falling Forever 3:51
4. Year Of Affliction 3:45
5. Forsaken 3:40
6. Lethean 3:34
7. Oblivion 3:43
8. Undone 3:20
9. Hours 2:59
10. Suffocate 4:37
11. Reflections 3:45
Line-up:
Chris Clancy – Vocals
Brandon Jacobs – Guitar
Dan Bage – Guitar
Andrew Jacobs – Bass, Vocals
Andrew Stavola – Keyboards
Bill Fore – Drums