Recensione: My Kantele

Di Daniele Balestrieri - 7 Marzo 2003 - 0:00
My Kantele
Band: Amorphis
Etichetta:
Genere:
Anno: 1997
Nazione:
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61

Prima di tutto una considerazione personale: Mi considero un grande fan degli Amorphis, da Karelian Isthmus fino a Elegy compreso, e mi riservo il diritto di non giudicare Am Universum perché davvero è stata la nota che ha seppellito la grande band Finlandese ai miei occhi.

In attesa del nuovo album, che dovrebbe farli tornare allo splendore di Tales from the Thousand Lakes, grandissimo capolavoro, vediamo di parlare di questo piccolo EP uscito nel 1997 in coda ad Elegy, album che ha decisamente incontrato il gradimento generale di chi negli Amorphis vedeva ancora i leader della vecchia scuola Black finnica.

Questo mini-CD è un momento molto importante, una specie di “foto” che qualcuno ha scattato alla band mentre avveniva il mutamento che li ha portati da Elegy ad Am Universum. Il lavoro inizia infatti con la ripresa di una bella canzone di Elegy, “My Kantele“, suonata in maniera più acustica ma ancora ricca del fascino vagamente decadente dell’album di cui fa originariamente parte. Lo scivolo inizia proprio con la seconda, “The Brother Slayer”, un’altra canzone presa direttamente dal Kanteletar (e abbastanza chiaramente, viste tutte le ripetizioni contenute nelle lyrics).

L’inizio può ingannare, può sembrare un’altra eredità di Elegy, ma improvvisamente la canzone si interrompe e cominciano degli assoli elettronicissimi, di suoni campionati ripetuti, ossessivi, profondi, volti a creare sicuramente un’atmosfera più credibile, ma che in realtà distruggono, macerano, sgretolano pian piano la grande tecnica di cui sono capaci i sei finlandesi. La parte elettroncia dura troppo, e lascia con un senso di irritazione decisamente fastidioso. E come se non ve ne foste accorti, siamo già passati alla quarta canzone. Già, perché la seconda è divisa in due tracce, senza alcuna interruzione di continuità. E la terza traccia è proprio composta dall’assolo elettronico. Originale quanto vogliono, ma non funziona per chi ha ancora i vecchi Amorphis in testa, dei quali è facile trovare una delle più grandi eredità, ovvero i testi bellissimi e culturalmente molto validi.

Dicevamo, la quarta traccia, Levitation, è la più veloce dell’album e probabilmente la mia preferita. La voce molto pulita di Koivusaari ci accompagna in una breve cavalcata molto ritmata e inquinata qua e là da alcuni inserti elettronici che più di tanto in realtà non rovinano la canzone. Da segnalare durante lo svolgimento della traccia il famoso “ritorno melodico” trademark degli Amorphis, ovvero la ripresa della prima battuta della canzone, una caratteristica che è sempre stata apprezzata dai loro fans. Chiude in bellezza l’arabeggiante “And I hear you call”, una canzone dalle sonorità decisamente originali, quasi orientali, della quale esiste anche una versione live molto godibile. Cosa dire di My Kantele, in conclusione: la produzione della Replapse è abbastanza povera. Il libertto è pressoché inesistente, la copertina non è troppo evocativa e la veste grafica è davvero sotto la sufficienza; la produzione è buona, musicalmente è decisamente sottotono rispetto alle grandi produzioni del passato.

Di idee ce ne sono, ma sono poche e sviluppate non troppo felicemente. Gli Amorphis rendono fede al proprio nome, quindi. Come un’ameba, amorfamente vagano tra il death, il black, il folk e l’elettronico, e questo My Kantele non è altro che un punto di passaggio che può spiegare il perché di Am Universum, ma da solo non regge il paragone con niente della loro produzione precedente. A prezzo pieno, poi, non è davvero consigliabile. Un vero peccato tra l’altro, perché loro sanno bene come fare i mini cd. Black Winter Day è forse uno dei mini-cd più belli della storia del black finlandese, sia a livello di produzione che di songwriting. E sono solo quattro canzoni. Peccato, peccato.

Tracklist:

1 – My Kantele

2 – The Brother Slayer

3 – The Lost Son (The Brother Slayer Part II)

4 – Levitation

5 – And I Hear You Call

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