Recensione: Mystic Alchemy

Di Stefano Vianello - 27 Ottobre 2011 - 0:00
Mystic Alchemy
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Anno: 2011
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85

Questo 2011 si sta rivelando l’anno della consacrazione sulla scena metal italiana di un sacco di nuove band decise a scrollarsi di dosso l’appellativo “underground”: alcuni esempi vincenti che meritano di essere citati sono sicuramente i Crimson Wind, i Vexillum e i 4th Dimension. Ancor più invece si stanno rivelando azzeccate le scelte fatte da Alessio Lucatti (Vision Divine) nel ruolo di talent scout e produttore: dopo il buon debutto dei già nominati 4th Dimension, ecco spuntare dalla prima capitale d’Italia gli Opening Scenery.
Il combo torinese nasce da un progetto del 2002 di Vincenzo Frascà (chitarra) e Mattia Rubino (batteria) che, dopo le solite difficoltà nello scovare validi elementi da integrare nel gruppo, trovano il perfetto equilibrio con l’arrivo in line-up di Andrea Racco (voce), Mario Solavaggione (tastiera) e Giuseppe Balzano (basso). Con il passare degli anni il sound degli Opening Scenery inizia a prender forma e il risultato viene concretizzato nel 2010 con la registrazione del disco d’esordio intitolato Mystic Alchemy.
La proposta musicale, se proprio vogliamo etichettarla con un genere specifico, può essere considerata un power-prog tecnico, basato su ottime linee melodiche di tastiera e impreziosito da una sezione ritmica di gran valore. Oltre al lavoro certosino svolto alla chitarra da Vincenzo Frascà, è la voce di Andrea Racco che balza subito all’attenzione dell’ascoltatore: potente e graffiante nei brani più sostenuti, morbida e melodica nelle parti più calme, qualità che danno a tutto il disco una marcia in più.

Una sirena da imminente bombardamento aereo introduce il primo brano, Ante Bellum: l’ingresso in scena degli strumenti dà la sensazione di un’esplosione vera e propria dalla quale prende forma una canzone piuttosto articolata, composta da vari “start e stop” che confluiscono in un epico ritornello; il “Going to war” nel finale dichiara apertamente l’intenzione della band nel scendere sul “campo di battaglia”.
Subito a seguire The Third Eye che si mantiene sullo stesso stile, con accelerazioni e rallentamenti. Un ruolo importantissimo, in questo pezzo come in tutti gli altri, è quello giocato dalle tastiere che tessono intricate trame e melodie, riempiendo l’atmosfera di suoni a volte molto caldi, mentre altre sintetici e taglienti.
Seaquakes Of Soul è un mid-tempo di netto stampo progressive, con una lunga parte centrale strumentale in cui chitarre e tastiere dominano la scena, incalzate dalla batteria del virtuoso Mattia Rubino che si destreggia abilmente in rullate e controtempi facendo perdere il senso dell’orientamento a un ascoltatore poco attento.
L’ampiezza della proposta musicale del gruppo piemontese non relega in secondo piano nessuno dei vari componenti che vi fan parte, infatti in Black Roses Kiss a far da padrone è il basso di Giuseppe Balzano, con il suo ipnotico riff iniziale di gran classe che sarà poi il tema portante per la melodia di un brano veloce e schizofrenico, in stile primi Dream Theater.
Ma è con The Light Beyond The Dream che, a parere di chi scrive, gli Opening Scenery toccano l’apice della qualità: un arpeggio di chitarra e una malinconica melodia di tastiera introducono le parole sussurrate da Andrea Racco in una strofa carica di pathos, per poi esplodere in un ritornello potente, ma al contempo elegante; dopodiché il brano in questione è un crescendo continuo di emozioni e ritmo sempre in evoluzione, mai banale o ripetitivo.
Con The Seventh Gate si approda su lidi prettamente power metal, riff veloce e grintoso e tastiere a “go-go”, per una traccia leggera e scorrevole che apre la pista per la titletrack, una lunga suite suddivisa in tre brani.
Come ogni debutto che si rispetti, non potevano mancare gli ospiti speciali e quale miglior guest potevano trovare questi giovani ragazzi se non l’ormai “prezzemolino” Fabio Lione e lo stesso Alessio Lucatti? È proprio Lione a dominare la scena in Mystic Alchemy – Scene I: The Final Destination, un brano melodico e orecchiabile, dove l’intreccio di voci con Racco esalta le linee vocali rendendole uniche. Mystic Alchemy – Scene II: Old Memories è una sorta di intermezzo lento e malinconico che anticipa il gran finale con Mystic Alchemy Suite – Scene III: At Twilight, ultimo pezzo veloce, dai forti accenti power e dal ritmo coinvolgente fino all’ultima nota.
In coda troviamo Silence After Storming, un breve outro strumentale in cui Frascà e Lucatti chiudono in bellezza questo album.

Mystic Alchemy è uno di quei rari dischi che dall’inizio alla fine si fa apprezzare in ogni sua sfumatura, ma soprattutto ha il pregio di non diventare noioso o ripetitivo dopo diversi ascolti.
Gli Opening Scenery si affacciano da subito sulla scena metal italiana con un lavoro davvero di ottima fattura, sia a livello tecnico, sia per quanto riguarda le idee proposte. Una band che non può che crescere ancora e che sicuramente presto ci offrirà nuove sorprese.

Stefano “Elrond” Vianello

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Tracklist:
1. Ante Bellum 05:32
2. The Third Eye 03:48
3. Seaquake Of Souls 04:39
4. Black Roses Kiss 05:59
5. The Light Beyond The Dream 05:40
6. The Seventh Gate 04:30
7. Mystic Alchemy Suite – Scene I: The Final Destination 04:30
8. Mystic Alchemy Suite – Scene II: Old Memories 01:40
9. Mystic Alchemy Suite – Scene III: At Twilight 05:58
10. Silence After Storming 00:54

Line-up:
Andrea Racco – voce
Vincenzo Frascà – chitarre
Mattia Rubino – batteria
Giuseppe Balzano – basso
Mario Solavaggione – tastiere

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