Recensione: Myths

Di Andrea Bacigalupo - 16 Febbraio 2021 - 23:25
Myths
Band: Detritus
Etichetta: Embryo Industries
Genere: Heavy 
Anno: 2021
Nazione:
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75

Mi ha incuriosito il nome di questa band inglese che non conoscevo: Detritus, come il seminatore di zizzania che si scontra con l’irriducibile Asterix nel quindicesimo fumetto della serie, uscito nel 1970, e poi interpretato da un esilarante Roberto Benigni nel film ‘Asterix & Obelix contro Cesare’ del 1999.

Considerato che sono indicati anche come Thrash Band non potevo non approfondire quando mi sono trovato tra le mani ‘Myths’, il loro terzo album disponibile dal 19 febbraio 2021 via Embryo Industries.

Un po’ prevenuto dal nome forte, non certo perché è lo stesso del personaggio di fantasia sopracitato, ma bensì perché è così chiamato il materiale organico disciolto, per cui un termine riferito a morte e decomposizione, nonché dal genere musicale a cui dicono di appartenere, mi aspettavo un disco violento, crudo e dal temperamento instabile.

Invece no, ‘Myths’ è un disco, si aggressivo, ma non perché ti prende selvaggiamente a putrellate, bensì perché ti avvolge, imprigionandoti in un’atmosfera densa e pesante dalla quale vuoi uscire guardando disperatamente in alto per cercare una via di luce.

E’ il messaggio che vogliono trasmettere i Detritus, che non s’inchinano di fronte all’assalto dei falsi ed oscuri dei che conducono alla distruzione come intolleranza, violenza, ipocrisia, avidità, odio, ma li affrontano come soldati. Il loro è un messaggio di positiva speranza, di chi tende una mano.

In ‘Myths’ di sonorità Thrash non ce ne sono. Il sound è ben distante dalle tirate caustiche dell’esordio del 1990 ‘Perpetual Defiance’, dove l’influenza di Metallica e soci era parecchio evidente, bensì viaggia tra un Hard Rock ed un Heavy Metal classico meno animalesco e più ragionato, continuando la strada di ‘If But For One’, del 1993, con le trame melodiche e le andature progressive maggiormente intensificate.

Dopo ventotto anni i Detritus, che sono tornati con una formazione pressoché immutata rispetto alle origini, con la sola uscita di Earl Morris e l’ingresso dei chitarristi Michael Bryzac e Paul Newington-Wise, hanno chiarito qual è il loro percorso artistico, che non è quello di imporsi con istintiva e selvaggia irruenza ma semmai il contrario.

In ‘Myths’ l’esperienza dei musicisti è principe: tutto è sofisticato e ragionato per far ragionare, per infondere sensazioni di malinconia e tristezza, ma anche di rabbia e di determinazione, mostrando il carattere duro come la roccia di chi non vuole rimanere nell’oscurità.

Si passa da una ‘Bright Black’, imperiosa e granitica nel suo incedere cadenzato ma inarrestabile, ad una riflessiva ‘Tale of Sadness’, intrisa di una velata tristezza che si trasforma in rabbia, ad ancora una ‘Call Me Human’, dove una chitarra malinconica si armonizza con un ritmo marziale addensando i suoni per renderli schiaccianti.

La nostalgia è la protagonista di ‘Exoria’, dove un pianoforte dolcissimo tesse melodie oniriche con la voce e la ritmica delle chitarre.

La malvagità intorno a noi viene manifestata da ‘Bloodstained Glass’ mentre il buon vecchio Hard Rock, quello senza fronzoli, viene tirato in ballo con ‘Pharise’.

Chiudono, a sigillare un disco potente, la grintosa ‘The Game’ e la rabbiosa ‘Forever Soldier’.

In poche parole, gran bell’album questo ‘Myths’ ed il ritorno dei Detritus è più che gradito. Da ascoltare nota per nota fino in fondo, lascerà dentro qualcosa di intenso. Bravi!

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