Recensione: Nattens Madrigal

Di Daniele Balestrieri - 10 Ottobre 2004 - 0:00
Nattens Madrigal
Band: Ulver
Etichetta:
Genere:
Anno: 1996
Nazione:
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91

Tutto rovina. La storia dell’umanità è un processo infinito di fallimenti e di cadute, spinta in avanti da forze contrastanti. In tale crepuscolo vagano gli Ulver, a metà tra la Bestia e l’Uomo, tra il rumore e il silenzio, tra le cime dorate e i ventri più oscuri.

Quando ancora gli Ulver non erano dei folli psicotici avanguardisti dell’elettronica, il black scandinavo si illuminava di capolavori in rapida sequenza, succedutisi di anno in anno fino al 1996, periodo in cui ci fu un dissolvimento parziale del vecchio stile e una lenta, ma inevitabile, transumanza verso ciò che è il black moderno.

Nattens Madrigal, il Madrigale della Notte, rappresenta uno degli ultimi capolavori del black nichilista norvegese, di quel black ancora canonico, perpetrato da quella folta schiera di artigiani dell’oscuro che avevano fatto della Norvegia la loro patria putativa. Dopo l’esplosivo esordio di Bergtatt, summa compositiva che con tanta sublimità unì il lato più violento degli Ulver con quello più melodico e introspettivo, fino al nichilismo più assoluto del terzo, leggendario capitolo, i lupi si diedero al folk tradizionale con il tanto decantato Kveldssanger (i canti della sera). Ora, nel 1996, è tempo di concludere la famigerata trilogia black con un ritorno alle origini, al black più grezzo, con una differenza sostanziale: un ricco contratto con una casa potente come la Century Media, la quale fornì alla band una cospicua somma di denaro per la realizzazione del loro terzo passo. Da questo momento in poi è un rincorrersi di leggende: la più accreditata vuole che gli Ulver abbiano utilizzato tale denaro per acquistare un’automobile e dirigersi nel folto della foresta, dove avrebbero dato sfogo alla propria arte muniti solamente di un registratore a quattro tracce e un amplificatore da quattro soldi. Lasciamo ai fans il compito di credere o meno a tale leggenda, ma sta di fatto che la qualità del disco non lascia molto alla fantasia: probabilmente Nattens Madrigal vince la palma come disco con la registrazione peggiore mai apparso sul mercato delle uscite ufficiali sotto major.

È così, dalla prima all’ultima traccia balza immediatamente alle orecchie un fragore continuo contornato da perpetue e moleste scariche statiche, disturbi e fruscii che tendono non solo a contaminarne il suono, ma a cambiarne proprio la natura stessa, facendo di questo disco un unicum storico non indifferente. Tuttavia, l’atmosfera ne guadagna, e probabilmente i Madrigali non sarebbero entrati nella leggenda se non avessero avuto una produzione di questo tipo. Per fortuna, dal lato artistico, l’eccellenza è di casa: il tema della licantropia, del passaggio da uomo a bestia, è trattato con grazia sopraffina, grazie a testi di grande valore letterario in danese antico, di cui esiste una accurata – ed enfatica – traduzione ufficiale in inglese arcaico.

Dal punto di vista prettamente musicale parliamo di black metal puro di matrice norvegese, basato su riff estremamente melodici che scorrono su un tappeto di chitarre continue, gorgoglianti, supportate da un basso a volte invisibile e da una batteria martellante. Le semplici melodie che creano la struttura di ogni capitolo sono rese ancor più potenti dalla voce del mai troppo apprezzato Garm, il quale gode di un folto strale di ammiratori per via del suo scream maligno, gelido, tempestoso, che ha recato al black momenti leggendari grazie al contributo in molte band ora appartenenti alla storia della musica.

Il viaggio di capitolo in capitolo è intervallato da momenti riflessivi, in cui dei rumori atmosferici, delle pulsazioni, o dei rombi lontani cesellano inizio e fine di ogni stadio di trasformazione. In realtà, il disco è un monolite unico difficilmente divisibile, ma alcune parti meritano di essere menzionate in quanto esaltazione della melodia: è il caso dell’eccezionale conclusione del quinto capitolo e dell’inizio del sesto, che vedono un tenebroso rullare di tuoni e un attacco melodico tra i più suggestivi del black metal in genere, che hanno valso alla traccia l’appellativo di “canzone più felice del black metal”, probabilmente da alcuni dei più acerrimi sostenitori di questo lavoro. Indubbiamente parti come il primo, il sesto e l’ottavo capitolo rendono grazie agli Ulver più eclettici, in grado non solo di perforare i timpani ma di cullare l’ascoltatore con riff semplici ma senza tempo. L’album è da vedere come un’entità unica e soprannaturale: la natura orrenda, diabolica e maledetta della licantropia, accentuata dai laceranti riff di chitarra e dalla batteria martellante, si sposa con la tragica malinconia dell’eterna, e incontenibile, divisione tra natura umana e natura bestiale, descritte con sapienza dalle sanguigne melodie che arricchiscono e innalzano ogni inno alla luna.

Il “true black metal” non è una musica fatta per appagare, non è una musica che desta piacere e soddisfazione: è una musica sofferente, malata, che deve rendere inquieti e tormentati, e Nattens Madrigal riesce nell’intento di comunicare tanto disagio di vivere: la registrazione ai limiti dell’ascoltabile rende il disco storico, e l’ossessività, l’ipnosi indotta dalle martellanti melodie trafiggono l’aria come una affilatissima scheggia di ghiaccio, che al suo passaggio sibila e urla anatemi al peccato, al ludibrio, all’incoscienza.

Un disco travolgente che ha già la sua folta schiera di amanti fedeli, i quali rimarranno ben saldi nella loro posizione: Nattens Madrigal è un turbine nero, diviso tra aggraziate summe musicali e filosofiche e travolgenti uragani strumentali, che differenzia il vero black metaller dall’ascoltatore occasionale, il quale non potrà fare altro che ritrarsi inorridito di fronte a tanta apparente cacofonia: a costoro non posso fare a meno dunque di rivolgermi e di sibilargli nelle orecchie il più accorato benvenuto nel Black Metal.

TRACKLIST:

I – Wolf & Fear
II – Wolf & the Devil
III – Wolf & Hatred
IV – Wolf & Man
V – Wolf & the Moon
VI – Wolf & Passion
VII – Wolf & Destiny
VIII – Wolf & the Night

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