Recensione: Ne Plus Ultra

Di Edoardo Turati - 12 Giugno 2021 - 12:02
Ne Plus Ultra
Band: Terra Odium
Etichetta: Frontiers Music
Genere: Progressive 
Anno: 2021
Nazione:
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80

Mi sono ritrovato con questo disco tra le mani (mi piace dire ancora così, anche se ormai purtroppo gira quasi tutto in digitale), il debut dei progster norvegesi Terra Odium in uscita per la nostrana e sempre più attiva Frontiers Records. Non si trova molto sulla band cercando in rete, evidentemente i componenti sono ancora refrattari al fascino social e propagandistico (per il momento). Ma non so se succede anche a voi, l’occhio cade sempre su quel nome (d’altronde l’unico che conosco), quel tale Steve di Giorgio tra i tanti, bassista dei monumentali Death e attualmente dei Testament; parliamo quindi di un bassista che picchia come un fabbro indemoniato, niente male come biglietto da visita.

Andando a scandagliare per bene i fondali del web scopriamo che il cantante Hægeland e il batterista Mickelson erano con i medesimi ruoli negli Spiral Architect (sono sicuro che qualcuno se li ricorda) autori di un disco cult nel 2000, A Sceptic’s Universe (immaginate gli Ne Obliviscaris, però ammorbiditi dalla voce clean). Anche il resto della band ha un passato più o meno illustre: Bollie Fredriksen ha suonato nei Manitou, mentre Phipps si è occupato delle orchestrazioni per Dragonforce, Moonspell e Angra. Ci sbilanciamo etichettandoli come un supergruppo? Certamente no, ma sicuramente è tutta gente che la musica la mastica a un certo livello e da un bel pezzo, e questo ci fa ben sperare sull’esito finale del platter soprattutto se sono riusciti ad attingere con cura a tutte le esperienze e conoscenze che fanno parte del loro vissuto per regalarci qualcosa di “diverso” o comunque meravigliosamente eterogeneo.

Sul loro sito si definiscono Technical Progressive Metal e in linea di massima come descrizione è più che esaustiva. Non ci piace fare comparazioni, analogie o raffronti, però se volete delle coordinate musicali allora tenete a mente gli Psychotic Waltz e, per deduzione, un progressive molto tecnico, scuro e drammatico dalle cui cortine metalliche non trapela un solo raggio di sole.

Ne Plus Ultra è composto da sette tracce, tutte però di minutaggio elevato per quasi un’ora di progressive metal vecchio stile condotto e dominato dalla chitarra, perché come afferma Hægeland:

La scena musicale progressiva è cambiata nel tempo con più tastiere, influenze classiche ecc., volevamo tornare ai vecchi modi che si concentravano maggiormente sui riff di chitarra. Allo stesso tempo, abbiamo cercato di esplorare diversi paesaggi musicali, ma suonando comunque pesanti e melodici allo stesso tempo.

 

 

Per usare un’espressione proveniente direttamente dal vernacolo fiorentino “Bando alle ciance!”, partiamo con l’ascolto di Ne Plus Ultra. L’opener “Crawling” ci introduce al disco con un trombone e un vocalizzo tribale che rievoca sentori di “Roots” che vengono presto polverizzati da un riff pesantissimo di chitarra coadiuvato da un tappeto di bassi minaccioso del buon Di Giorgio. Anche la voce si inserisce perentoriamente andando a plasmare progressivamente un brano d’impatto e risolutamente solido dove le linee di basso s’incollano al doppio pedale di Mickelson, che non dà tregua ai nostri labili timpani. Rimane comunque un certo gusto melodico nel refrain e un po’ di spazio nel finale per un assolo elettronico di synth, senza mai smettere di picchiare sulle pelli ovviamente.

L’inizio non è niente male, per non far scemare l’adrenalina tuffiamoci quindi nella successiva “The Road Not Taken”. Fin dall’inizio il brano si dimostra ancora più audace, con cori di voci e synth a supporto di un riff pesante come un macigno che piegherebbe le gambe anche al buon vecchio Atlante. La voce di Hægeland arriva più poderosa e bellicosa che mai su un pezzo in cui i Terra Odium hanno le idee chiare: spezzare ogni resistenza musicale per travolgere l’ascoltatore con il vigore dirompente e il nerbo tenace della band.

Anacronisticamente all’evoluzione terrestre, è il momento di “Winter”, altro brano dominato dalla chitarra con shredding che si impennano e scendono vertiginosamente facendoci perdere l’equilibrio e lasciandoci smarriti nel limbo freddo e glaciale scandinavo. Un brano con momenti di freeze calmi e pacati quasi come una melliflua ballad che poi esplode con riff poderosi con la voce di Hægeland che sfiora le onde degli ultrasuoni. La seguente “The Shadow Lung” è il brano più breve del disco, ma non meno carico di pathos ed energia. Riff distorti e sincopati ruotano intorno ad un refrain melodico con l’onnisciente chitarra che domina la scena come De Niro in Taxi driver: un brano insano e sorprendente.

È arrivato il momento del brano più prolisso, “The Thorn”, che sfiora quasi i 12 minuti. L’obiettivo è non annoiare e i Terra Odium riescono egregiamente nel compito scrivendo una suite epica, con un ritmo lento e serrato dettato dal pulsare cardiaco della batteria. Si alternano momenti più energici dove la chitarra si prende come al solito molto spazio (lo avevamo detto a inizio recensione d’altronde) e le tastiere regalano un corposo contributo per non essere da meno. Sul finire la canzone vira meravigliosamente verso la pazzia, i suoni, la voce e i cori si contorcono come le spirali di un boa pronto a fagocitare ogni cosa e noi ci lasciamo irretire con grande compiacimento. “It Was Not Death” inizia lenta e acustica, e finalmente ci lascia il tempo di meditare e d’inalare aria fresca. Rimane sulle stesse coordinate per tutto il resto del brano concedendosi un momento di rabbia per pochi secondi solo nel finale. Brano probabilmente troppo lungo per come è stato costruito, induce al tedio e bastava probabilmente togliere i primi due minuti (quasi inutili e riempitivi) per lasciare solamente la sostanza. La chiusura del disco spetta a “The Clouded Morning”, che oltre tutto è stato anche il primo singolo rilasciato dalla band. Brano caratterizzato dalla dissonanza della voce nel verse e che abbraccia tutte le caratteristiche della band descritte sino a questo momento: riff ciclopici, shred di chitarra e voce poderosa a sostenere i sali e scendi emotivi del brano. La canzone si ispira all’opera di Jones Very poeta e mistico americano dell’800 dal titolo eponimo che inizia con il verso: “La mattina arriva e prevalgono nubi che si addensano, pendono come sipari intorno a tutto l’orizzonte o in alto nella pesante vela immobile”.

La copertina di Ne Plus Ultra raffigura un labirinto che racchiude esattamente lo stile dei Terra Odium; musica complessa, a volte apparentemente senza via d’uscita, ma sempre appagante ogni volta che svoltiamo l’angolo e ci troviamo a un nuovo bivio e di fronte a una nuova sfida musicale. Il disco è riuscito e a tratti davvero sorprendente, anche se rimane un po’ schiacciato nelle scelte compositive che a lungo andare danno una sensazione di ridondanza e ampollosità. Perde difatti molta freschezza nel finale con gli ultimi due pezzi leggermente inferiori alla prima parte del disco, che è più dirompente. Per balzare sul Monte Olimpo serve l’effetto sorpresa, quel pezzo che a sentirlo dici: “Wow, ma cosa hanno tirato fuori!” I Terra Odium i mezzi ce li hanno e vanno assolutamente sostenuti e caldeggiati. Intanto l’inizio non è davvero niente male.

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