Recensione: Need To Suffer

Di Nicola Furlan - 2 Marzo 2011 - 0:00
Need To Suffer
Band: Legen Beltza
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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70

Fa piacere constatare che, piano piano, un’altra nostra etichetta butti l’occhio fuori dai confini nazionali, dove è possibile scovare gruppi dall’ottimo potenziale. Gli spagnoli Legen Beltza rientrano in questa schiera di band degne di nota e Punishment 18 Records non ha atteso molto per una proposta discografica che, conseguentemente, non ha tardato a esser pubblicata. Si tratta di “Need To Suffer” che già uscì sul mercato basco e spagnolo in forma indipendente.
 
Il quartetto dà sfoggio di un bagaglio tecnico notevole, sopratutto per quanto concerne le sezioni soliste, vero punto di forza di un songwriting vario e personale, ma forse ancora un po’ troppo disomogeneo. Vero è che, forse, più che una release ben studiata, “Need To Suffer” appare come la messa in opera di tutte le ispirazioni e i potenziali che contraddistinguono lo stile e le abilità dei Legen Beltza.

Da sempre autore di un thrash violento e veloce, a tratti caratterizzato da uno spontaneo imprinting-speed metal, l’esemble di Azpeitia idealizza con questo quarto studio album della carriera un songwriting diverso. Adopera semplici accostamenti compositivi per tener unite ritmiche macina-sassi a melodie ricercate, soli fulminei e caratteristici e stop-and-go ricchi di groove. Il tutto è infarcito dalle rabbiose sferzate vocali del bassista e cantante Xanti Rodríguez.

Quello che viene da appuntare non è quindi la ricchezza di contenuti stilistici (davvero apprezzata), quanto forse una leggerezza in fase di arrangiamenti; quelli che permettono al brano di rivelarsi con compattezza e scorrevolezza d’ascolto. Quelli che legano il tutto con ‘linearità’. E, sebbene – per il genere – il missaggio opera dell’esperto Andy Classen possa dirsi eccellente, ancora non si può parlare di disco completamente riuscito. L’osservazione è certamente ‘pesante’, ma provocatoria perché è difficile credere che una band con già tre dischi alle spalle e con una notevole esperienza live, nonché dotata di mezzi, possa non tener conto di tali cure compositive.
Sì, sono sincero, mi aspettavo di più!

Fin dal primo ascolto, dietro quei riff brillanti per dinamicità, coglierete valore e anche una certa classe ma, considerato l’incontrollabile rifiorire della scena, è possibile ipotizzare che un po’ di sufficienza in sala prove ci sia stata… per esser competitivi bisognava far di più! Sarà una pura percezione, personale e magari errata, ma al momento la vedo così. A dimostrazione di ciò mi vien da citare le compatte “Midnight Meat Train”, “Global Dictatorship” e la strumentale “Amaierarik Ez Da” i cui soli sono messi in atto dai chitarristi degli Angelus Apatrida, nello specifico Guillermo e David.

Perché pure gli altri brani non sono stati altrettanto ‘curati’?
Una band dalle potenzialità importanti, questo è indubbio, ma il colpaccio deve ancora arrivare! Ho la mezza certezza che, come si suol dire, ‘ci andiamo molto vicini’
Vedremo.

Nicola Furlan

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Track-list:
1. Vaporized 4:10  
2. Deathpidemic 3:17  
3. Midnight Meat Train 6:43
4. Adan’s Children 6:24
5. Suicide 4:09  
6. Church Burning 4:47
7. Death Control 4:43
8. Global Dictatorship 5:22
9. Mutant From The Red Hill 5:11
10. Amaierarik Ez Da 5:42

All tracks 50 min. ca.

Line-up:
Xanti Rodríguez – Voce, basso
Ekaitz Garmendia – Chitarra
Joseba Azkue – Chitarra
Iván Hernández – Batteria
 

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