Recensione: No Gods No Masters

Di Alberto Fittarelli - 8 Aprile 2004 - 0:00
No Gods No Masters
Band: Criminal
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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81

Prendete 2 musicisti cileni, e non di musica latino-americana, unite il
malessere ed il disagio sociale propri della loro città natale (Santiago),
espresso in death/grind metal, ed uniteli al grigiore, ma anche alla classe di
Londra (dove si sono trasferiti) ed alla corrosività dell’hardcore più feroce
proveniente da Albione: bene, ora avrete un’idea di massima di cosa possono
proporci i Criminal con No Gods, No Masters.

A dire la verità non è poi così semplice etichettare lo stile di questi 4
musicisti: Anton Reisenegger (voce e chitarra) e Rodrigo Conteras (chitarra
solista) hanno infatti optato per una mistura altamente violenta, ma altrettanto
indefinibile, sfuggente, tanto che mi ha richiesto parecchi ascolti per poterla
assimilare a pieno. E la cosa va tutta a vantaggio della qualità del disco, che
presenta composizioni di altissimo livello, senza per questo assomigliare alle
produzioni “patinate” cui siamo abituati in questi anni.
Ecco, proprio questo forse è il pregio maggiore dei Criminal: il loro
essere abrasivi, con una voce, quella di Reisenegger, dichiaratamente vicina al
grindcore più aspro, quello degli Extreme Noise Terror e dei più
recenti Uphill Battle; ma nello stesso tempo anche la capacità di
strutturare i propri pezzi su riffs di chitarra sempre attenti alla melodia,
aiutati anche dalle ottime (ma mai invadenti) tastiere di Mark Royce (ex-Entwined).
Il tutto, combinato nei modi più disparati, va a creare la miscela esplosiva di
canzoni come Aberration, Deconstrution o Violent Change:
tutte canzoni in cui la batteria di Zac O’Neil (guardacaso proprio degli
Extreme Noise Terror) è lanciata come un camion senza freni, ma su cui svetta
sempre l’imponente guitar-work dei 2 cileni, assolutamente vario e sregolato.
Impressionante sentire come in Violent Change, ad esempio, certo
grindcore si unisca ad intermezzi semi-sinfonici alla Fear Factory, quelli di
“Obsolete”.

Nel mezzo del disco i Criminal si prendono una breve pausa con lo splendido
strumentale Tidal Wave, per poi riattaccare a tutta velocità con Downfall,
altro pezzo basato su di una ritmica convulsa ma anche su aperture melodiche
ariose. E la già citata voce di Reisenegger a proclamare testi pregni di
negatività, ma anche combattività: “We have failed” urla in
Violent Change, “Rotten to the core” invece su Consumed.

Insomma, un patchwork di sensazioni che, se ad un primo ascolto può lasciare
interdetti, in una successiva analisi non può che risultare vincente: una
combinazione rara di violenza e melodia, per una volta non basata su formule
tipiche del death svedese ma del tutto originale. Un acquisto obbligato per gli
extreme fans disposti a sentire finalmente qualcosa di assolutamente nuovo nel
suo combinare elementi del passato.

Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli

Tracklist:

1. Aberration
2. Consumed
3. No return
4. Deconstrution
5. Violent change
6. Tidal wave
7. Downfall
8. Idol
9. Dark half
10.Faceless
11.Heresy (Bow to none)

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