Recensione: No Guts. No Glory.

Di Alessandro Zaccarini - 16 Marzo 2010 - 0:00
No Guts. No Glory.
Band: Airbourne
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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83

Sono passati ormai 3 anni e ‘Running Wild’ non ne vuole sapere di uscire dal mio lettore, dal mio ipod, dalla mia playlist e soprattutto dalla mia testa. Uno dei dischi chiave di questo ultimo decennio, un capolavoro di energia e passione, grinta, sudore e attitudine.

Oggi l’appuntamento è con il secondo-genito di casa Airbourne, a cui ci avviciniamo con entusiasmo (oh yeah!) ma anche con un abbondante carico di attezione, dal momento che ne abbiamo visti tanti illudere con un disco d’esordio da lasciare a bocca aperta e poi crollare miseramente un paio di anni più tardi. È eclatante il caso dei The Darkness: la distanza tra ‘Permission to Land’ e ‘One Way Ticket to Hell… and Back’ è più o meno la stessa che c’è tra Glenn Hughes e Filiberto di Savoia – perdonatemi ma sulle potenti ali di facebook e youtube lo strazio della sua esibizione è arrivata anche in terra straniera. Insomma, la vera missione impossibile non è quella di Ethan Hunt e Jim Phelps, ma bissare il miracolo musicale di ‘Running Wild’

L’opener non sembrerebbe essere di buon auspicio visto che la buona Born to Kill non regge lontanamente il confronto con la cara “vecchia” Stand Up for Rock n’Roll, brano di un’altra categoria e difficilmente ripetibile. C’è comunque tempo per rifarsi perchè questo No Guts, No Glory. preseta ben 13 brani – più 5 aggiuntivi per i fortunati possessori della edizione limitata, ma di questa parleremo più avanti.

Il salto di livello è presto fatto con No Way But The Hard Way, un gran pezzaccio costruito attorno a uno di quei riff semplici e trascinanti che hanno reso celebri brani come ‘Born to Raise Hell’. L’unico appunto, se vogliamo, è che il brano potrebbe tranquillamente essere un B-side inedito dei fratelli Young. La somiglianza è davvero sorprendente, specialmente nel rallentato centrale. Questa è una sorte che tocca a molti dei brani di questo nuovo nato in casa Airbourne, più di quanto fosse successo con il precedente. Come White Line Fever o ancora di più Blonde, Bad and Beautiful. A seguire un intro di batteria molto ‘Living After Midnight’ il pezzo si regge ancora una volta su un lavoro di chitarra marchiato AC/DC della seconda era, quella che da Back in Black ha portato gli scozzesi con passaporto australiano a Stiff Upper Lip. Tra le idee di matrice AC/DC non si può dimenticare Steel Town. A quanto pare da Fat City la carovana Airbourne si è spostata fino a una nuova destinazione, un po’ come la band stessa, che si è recentemente trasferita nel New Jersey. È giusto una questione di residenza, perchè lo stile di vita del brano rimane quello tremendamente australiano.

Credo non ci siano dubbi a riguardo del fatto che, copiare da chi è o è stato più bravo, non sia un problema insormontabile. Prima dell’arrivo della SIAE i maestri classici del ‘600, ‘700 e ‘800 scopiazzavano l’un l’altro senza troppi giri di parole. Se sentivano un frammento interessante composto da un collega se lo prendevano pari pari e lo utilizzavano nella propria opera, talvolta rieraborandolo. Sempre per andare incontro al proprio gusto personale, non per nascondere dietro quattro abbellimenti e due acciaccature un furto che il più delle volte era semplicemente una citazione. Era un modo per pagare dazio ai predecessori, come potrebbe essere una cover oggi, ma anche una semplice resa alla realtà dei fatti: qualcuno, prima di loro, aveva avuto una bella idea.

Di bravissimi e ispirati emulatori, di qualcuno che porti avanti un discorso musicale e in qualche modo filosofico, questa musica ha bisogno. Perchè è una musica tradizionalista, che ha avuto il suo apice nel passato e che oggi sopravvive proprio grazie a inguaribili cuori anacronistici come gli Airbourne e come noi, a cui riff così fanno bollire il sangue nelle vene.

La tendenza di questo No Guts, No Glory vuole gli Airbourne muoversi su tempi più lenti rispetto a Running Wild, tendenza che viene disintegrata da un paio di episodi assolutamente devastanti. Il primo di questi è Raise the Flag, un frammento di Airbourne all’ennesima potenza: veloci, aggressivi, devoti con ogni goccia di sudore all’hard rock più duro e tirato. La bandiera è issata e sventola gloriosa tra le liriche che, come se ce ne fosse bisogno, ribadiscono la dedizione totale verso un genere e uno stile di vita che sono l’alimento base della dieta musicale di band come gli Airbourne, il carburante per i motori dei fratelli O’Keeffe: as long as you’re alive and we’re alive, rock n’roll will never die – from the southern stars to northern lights, rock n’roll will survive. Uno dei futuri classici della band, un inno in sede live: se volete un pezzo solo da No Guts. No Glory., eccolo qui. Il secondo è It Ain’t Over Till It’s Over, un altro diretto ad alta velocità pronto a impattare contro musi e mascelle di chi non sia pronto a ricevere la visita del caro vecchio rock n’roll. Neanche a dirlo ricorda un po’ la Rocker di quei beneamati signori con il folletto vestito da scolaretto.

Non temano i golosi, No Guts. No Glory. non è un disco ipocalorico: Chewin’ the Fat è l’esaltazione di una signorina attraverso metafore da pasticceria e riff sempre in grande stile. Certo i testi non sono ermetici frammenti di alta letteratura e gli argomenti chiave sono sempre quelli, ma gli Airbourne non sono gli Who e ci accontentiamo più che volentieri di questi inni da eterni giovanotti. Ah, a proposito dello scolaretto e della signorina, whole lotta Rosie?

Get Busy Livin’ con il suo ritornello c’mon get busy livin’ or get busy dyin’ è un invito a dare tutto quello che si ha; e per la serie “adesso o mai più” gli Airbourne predicano bene e razzolano altrettanto bene dando ancora una volta fondo a tutta la loro energia, con un serrato riff su scale blues in sottofondo e un solo tremendamente di matrice Angus Young. You gotta give it all that you can, you gotta turn it up and play it loud, ‘cause that’s what livin’ is all about. Se non è rock n’roll questo… Vagonate di testosterone trasudano invece da Armed and Dangerous, dove l’arnese carico somiglia molto di più alla ‘Love Gun’ dei Kiss che al ribelle in fuga dell’omonimo pezzo degli Anthrax dei bei tempi… e la meta sembrerebbe più la compagnia di qualche fanciulla che la corsa verso la libertà.

La versione standard si chiude ovviamente con altri due figli dell’era classica, Overdrive e Back on the Bottle. Più lenta la prima, assolutamente devastante la seconda, dove gli Airbourne cantano le lodi del week-end senza troppi ripensamenti: now Friday is here, I’m gonna blow my paycheck on whiskey women and beer. Riff veloci, lead eletrizzanti e ovviamente un Joel O’Keeffe sempre a sputare ogni goccia di sangue per la causa. Un brano tra i migliori del lotto. As long I’m drinkin’ I keep on kickin’. Eccovi serviti.

Ebbene sì, abbiamo un altro discone targato Airbourne. Per il confronto con il precedente però, niente da fare. Nonostante tutto No Guts. No Glory. non ce l’ha fatta a ripetere i fasti del suo predecessore: Running Wild rimane lassù, al momento irraggiungibile. Quaggiù abbiamo invece un album a cui non mi sento di attaccare l’etichetta di capolavoro – come invece successe con il precedente – ma che sarà sicuramente tra le migliori uscite dell’anno e regalerà parecchie gioie a tutti coloro che hanno amato il debutto e a tutti coloro ancora legati a questo tipo di hard rock, vecchio stampo, marcio, sudicio e genuino.

Niente balle. Niente gloria. Solo rock n’roll.
 

Alessandro ‘Zac’ Zaccarini
 

Tracklist:
01. Born To Kill
02. No Way But The Hard Way
03. Blonde, Bad and Beautiful
04. Raise The Flag
05. Bottom Of The Well
06. White Line Fever
07. It Ain’t Over Till It’s Over
08. Steel Town
09. Chewin’ The Fat
10. Get Busy Livin’
11. Armed And Dangerous
12. Overdrive
13. Back On The Bottle
 

L’edizione limitata

Dicevamo in apertura che la versione limitata offre ben 5 inediti. Ora, non so se questi brani verranno riproposti in futuro in qualche uscita, ma voglio dare ascolto alla tradizione popolare secondo la quale “è meglio un uovo oggi che una gallina domani” e quindi consiglio vivamente di optare per l’uovo. Ovvero cinque brani che non avrebbero assolutamente sfigurato se inseriti qua e là. Certo 13 tracce sono già più che sufficienti e si sa, la scritta “limited edition” esercita sempre un certo fascino sull’ego dei collezionisti.

14. Loaded Gun
15. My Dynamite Will Blow You Sky High (And Get Ya Moanin’ After Midnight)
16. Rattle Your Bones
17. Kickin’ It Old Skool
18. Devil’s Child

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