Recensione: Nothing [New Edition]

Di Alberto Fittarelli - 29 Dicembre 2006 - 0:00
Nothing [New Edition]
Band: Meshuggah
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
Nazione:
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85

È francamente difficile tornare su quanto detto, riprendere in mano un album
come Nothing,
all’epoca snobbato da una fascia di pubblico e critica perché inesorabilmente
lento e pesante, perché successore evoluto (e quindi decisamente diverso) di un
Chaosphere
chirurgico e omicida, monolite di precisione e follia. È difficile, perché
stiamo parlando di un disco uguale e diverso allo stesso tempo.

Come anche i sassi ormai sanno, infatti, gli svedesi hanno voluto
ri-registrare il disco completamente – sì, non ripulirlo digitalmente,
rimasterizzarlo, magari aggiungerci qualche bonus track – con una differente
produzione e, soprattutto, la nuova strumentazione: essa prevede in primis le
chitarre a 8 corde di Thordendal e Hagström, la batteria (tornata
“umana” dopo la parentesi sintetizzata di Catch
33
) grassa, ipnotica e contorta di Haake e la sempreverde
voce di Kidman; e al tutto si aggiunge quella produzione che i nostri
sono riusciti a raggiungere con gli ultimi lavori, a partire dal fantastico EP I.

Questo per una descrizione prettamente tecnica del prodotto, cui va aggiunto
un DVD bonus contenente una performance live (Download Fest ’05) ed i videoclip
filmati sinora dal gruppo. Ma cosa resta dell’album originario? Tutto e niente,
appunto. Il riffone di Stengah lo dimostra subito: sentirlo suonare non
più fangoso, pastoso, trascinato come nella versione originaria lo
spersonalizza, lo rende simile a quanto di recente ascoltato dei Meshuggah,
e ci si chiede: perché? È vero che il materiale resta ottimo, che il disco è
enfatizzato dall’operazione di restauro dalle fondamenta, ma ciò che rendeva
unico (anche nei lievi difetti, perché no?) il vecchio Nothing
era proprio il suo suono così diverso dai soliti Meshuggah, così
anomalo.

Ora tutto è standardizzato, equiparato al livello 2006 della band, il che è
ottimo, sì, ma rischia di seppellire un piccolo pezzo di storia. Il consiglio
finale non può quindi che essere questo: se non conoscete l’album del 2002
ascoltatelo, prima di prendere a scatola chiusa un album identico (se si esclude
qualche passaggio di poco modificato) ma decisamente meno particolare.
Un’operazione di dubbia onestà che premia soprattutto i nuovi fan, per quanto
sfidi chiunque a non restare affascinati dai brani di Nothing, in
qualsiasi salsa siano suonati.

Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli

P.S.: il voto numerico – cui va data un’importanza molto relativa
– ricalca ovviamente il disco originario, tolto qualche punto per la mancanza
del “valore aggiunto”, descritta nella recensione.

Tracklist:

1. Stengah 05:38
2. Rational Gaze 05:26
3. Perpetual Black Second 04:39
4. Closed Eye Visuals 07:25
5. Glints Collide 04:56
6. Organic Shadows 05:19
7. Straws Pulled at Random 05:16
8. Spasm 04:14
9. Nebulous 07:06
10. Obsidian 08:33

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