Recensione: Nothing To Do But Rock

Di Eugenio Giordano - 19 Maggio 2004 - 0:00
Nothing To Do But Rock
Band: Hammeron
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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60

Gli Hammeron registrarono questo “Nothing to do but rock” nel 1986 a Chicago risvegliando intorno al loro nome un interesse notevole da parte del pubblico. La band era una delle promesse migliori della scena heavy classica americana ma questo platter rappresenta l’unica traccia discografica della carriera degli Hammeron che si sciolsero poco dopo.

Grazie alla Hot Metal Records oggi è possibile riscoprire in formato digitale questo “Nothing to do but rock” che non deluderà i più ortodossi seguaci della scena classica tra di voi. Gli Hammeron avevano un sound graffiante e diretto, i brani del disco viaggiano su tempi medi e grazie a melodie ispirate riescono sempre a coinvolgere l’ascoltatore. La band non punta su un suono particolarmente aggressivo scegliendo in parte soluzioni class metal e lasciando spazio a parti vocali di ampio respiro e dal forte refrain melodico. La produzione del disco si presenta professionale e convincente anche alla luce dei parametri attuali, senza dubbio gli Hammeron poterono contare su una registrazione di grande spessore tecnico distinguendosi dalla maggior parte delle band attive negli anni ottanta. Sotto il profilo compositivo gli Hammeron non si spingono mai in strutture particolarmente elaborate e ambiziose preferendo canzoni semplici e dirette con le quali colpire l’ascoltatore fin dai primi passaggi. A livello artistico questo “Nothing to do but rock” non può essere considerato un disco fondamentale, il suo valore aumenta alla luce degli anni trascorsi ma chi non è interessato all’archeologia metallica credo possa vivere lo stesso anche senza conoscere gli Hammeron.

Il disco è aperto dalla pontenza diretta e frontale di “Silent victim” una prova maiuscola di metal classico dalle strutture dinamiche che non deluderanno i cultori della scena ameracana. La title track si muove su tempi meno rapidi ma comunque mantiene una ossatura potente e massiccia, ottimi gli spunti vocali che convincono senza ripetersi inutilmente. La band sposta la sua proposta verso lidi più melodici con “So true” e “Jealousy” due esempi di class metal americano di annata da ascoltare con calma. Con “Endless night” si ritorna a strutture più propriamente aggressive e concrete senza però rinunciare alle melodie vocali. Belle anche “Sleepwalker” e “Sands of the fyre” che non aggiungono nulla di particolarmente innovativo a quanto ascoltato fin qui. Le bonus track “Marching off to war” e “The only one” sono rispettivamente un mid tempo epico e una slow tempo riesumate da due compilation uscite negli anni ottanta e giustamente aggiunte alla track list del disco. Senza dubbio il bilancio sonoro di questo “Nothing to do but rock” è positivo ma non credo che gli Hammeron avrebbero potuto realmente cambiare le sorti della scena statunitense anche se avessero proseguito nella loro carriera.

Come sempre vi consiglio caldamente di ponderare con logica le mie parole e di non farvi prendere dalla isteria da anni ottanta che dilaga come l’allergia in questo periodo dell’anno. Se siete interessati a questa ristampa dovete rendervi conto della sua reale, mediocre, valenza artistica in modo da non rimanerene delusi.

1. Silent Victim  
2. Nothin’ To Do But Rock  
3. So True  
4. Jealousy  
5. Endless Nights  
6. Why Lie  
7. Sleepwalker  
8. Sands Of Fyre  

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