Recensione: Nursery cryme

Di Arberati bros - 22 Dicembre 2002 - 0:00
Nursery cryme
Band: Genesis
Etichetta:
Genere: Prog Rock 
Anno: 1971
Nazione:
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90

Il terzo atto dei genesis è sicuramente l’album che fa compiere loro quel salto di qualità che in breve tempo farà conoscere la band e gli eccellenti musicisti che la compongono in tutto il mondo. Nursery Cryme non è un album prog rock qualunque. In esso c’è la genialità, la teatralità poetica di splendide composizioni che neanche il trascorrere del tempo e l’evoluzione delle nuove tecniche musicali potranno sminuire di valore ed intensità. Quindi si tratta di un capitolo fondamentale della loro trentennale carriera, che ha visto purtroppo negli anni successivi della dipartita del genio Peter Gabriel dei primi episodi di gran valore seguiti da altri pietosamente pop-oriented. Ma per fortuna in questi primi grandi lavori Phil Collins era ancora Phil Collins e si limitava a suonare (in maniera egregia) la batteria ed a canticchiare quà e là. Delle sette composizioni occorre innanzi tutto ricordare almeno quelle tre che per la loro immensa magnificenza brillano su tutte le altre. La opening track “The musical box” è un brano che cresce fino all’estasi, giocato su un continuo alternarsi di parte tranquille arpeggiate con gran classe e cavalcate maestose con gli assoli superbi della premiata ditta Blanks-Hackett. Capolavoro. Altro punto cardine del disco è quella “The return of the giant Hogweed” che rappresenta forse gli otto minuti più tipicamente prog della loro intera discografia, dove le tastiere ed il cantato mai così alterato e maligno di Gabriel la rendono irripetibile.”Harold the barrell” non è altro che un gran pezzo molto ironico di quelli che i Genesis si abitueranno presto ad inserire in scaletta , mentre la splendida acustica “Harlequin” fa da preludio all’ultima “Fountain of salmacis” una delle composizioni più raffinate di sempre,con le sognanti tematiche a sfondo mitologico ed una linea vocale che fa sognare, mentre la parte strumentale al centro sta a confermare per l’ennesima volta come un album del genere sfornato nei primissimi anni ’70 non avrebbe mai potuto passare inosservato : superiore nelle innovazioni e tecnicamente ineccepibile.
I Dream theater, senza questi e gli altri progster anni ’70, adesso sarebbero cloni dei Duran duran… e con questo mi pare di aver detto tutto!

Tracklist:

1.    The Musical Box
2.    For Absent Friends
3.    The Return of the Giant Hogweed
4.    Seven Stones
5.    Harold the Barrel
6.    Harlequin
7.    The Fountain of Salmacis

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