Recensione: Once

Di Eugenio Giordano - 17 Giugno 2004 - 0:00
Once
Band: Nightwish
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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70

I Nightwish arrivano al quinto platter in studio e nuovamente si mettono in discussione cercando di superare quanto di buono espresso nei precedenti lavori. Oggi i Nightwish sono una band notoria della scena europea e hanno raggiunto un successo commerciale che quasi li ha separati dal contesto metal inserendoli di fatto nel music businness a nove zeri, sotto la guida della potentissima Universal.

E’ strano quello che provo per i Nightwish, quando uscirono i loro primi dischi “Angel fell first” e “Oceanborn” fui uno dei primi in Italia a puntare apertamente su questi finnici, li ho visti nel 1998 qui a Torino ad aprire il concerto dei Rage, non li conosceva praticamente nessuno, eravamo sedici persone a quel concerto. Adesso trovo degli amici che non sanno chi sono i Jag Panzer e vengono a farmi il sermone su quanto sono bravi i Nightwish e i Lacuna Coil sostenedo che non capisco un cavolo di metal. Di fatto la band in questione è esplosa con “Wishmaster”, disco a mio parere molto discutibile, mentre col successivo “Century child” hanno semplicemente consolidato e aumentato le schiere dei loro sostenitori che ormai sembrano sterminate. Con il nuovo “Once” i Nightwish hanno voluto sensibilmente staccarsi rispetto al power sinfonico dei lavori precedenti, non parlo di un drastico cambiamento, ma innegabilmente “Once” è il disco più oscuro della band nordica, quasi si potrebbe parlare di influenze gothic. Ci sono tanti aspetti interessanti nel nuovo disco, andiamo con ordine. Tarja Turunen ha semplificato moltissimo la sua interpretazione vocale limitandosi spesso a linee sobrie lontane dai gorgheggi lirici del passato, un aspetto che ha allontanato definitivamente la band dal power neoclassico del secondo “Oceanborn”. La sezione ritmica è sviluppata in maniera molto approfondita, “Once” è un disco oscuro, giocato sui bassi, e molte canzoni possiedono un’architettura ritmica quadrata, cadenzata e potente. Le chitarre ritmiche si appesantiscono di una aurea buia, non ci sono quasi riff di chiara matrice power melodica, mi pare che Emppu Vuorinen sia rimasto vittima del fascino di band geniali come gli Angel Dust appesantendo molto l’appeal sonoro dei Nightwish. La produzione di “Once” è perfetta, quando una major come Universal mette sugli scaffali un prodotto di solito il fine è quello di vendere parecchio e il sound del nuovo disco dei Nightwish non deluderà nessuno, metallaro o ascoltatore occasionale che sia.

Il disco si apre in maniera piacevolmente atipica con un pezzo potente e raffinato come “Dark chest of wonders” dove i Nightwish lasciano apertamente intendere che un alone di pesanti tenebre si è abbattuto sul loro sound. Le chitarre sono magistrali, il risultato è un riffing ritmico degno degli Iced Earth meno serrati o dei Fates Warning di “Spectre within”. La successiva “Wish I had an angel” possiede un riffing più ossessivo ma viene rovinata da un arrangiamento sperimentale al limite del techno che non mi ha convinto per nulla. Il singolo “Nemo” si muove su coordinate eleganti, avvolgenti, il refrain vocale è caldo e romantico mentre gli arrangiamenti ritmici dipingono linee buie a contorno del brano. C’è anche un video clip di questo brano in rotazione e credo vi lascerà a bocca aperta. Con “Planet hell” i Nightwish ricadono nella confusione compositiva di “Wishmaster” producendo un pezzo confuso, privo di regia, e in definitiva poco efficace. Canti dei nativi americani aprono la successiva “Creek Mary’s blood” un pezzo sinfonico di grande presa emotiva, la Turunen è maestosa nel ritornello generando un pathos trascinante, di nuovo la band lascia apertamente trasparire atmosfere malinconiche e un mood inconfondibilmente minore. Le strutture cambievoli di “The siren” mostrano la preparazione tecnica del gruppo rivelando una raffinatezza compositiva e una maturazione invidiabili. Linee ritmiche quadrate e coinvolgenti si alternano con gli ottimi spunti vocali di “Dead gardens” dove i Nightwish sfoderano nuovamente un appeal ritmico predominante capace di nascondere con eleganza alcune lacune melodiche, il brano infatti non decolla pienamente. L’esperimento compositivo di “Romanticide” tenta di fondere lo stile della band nordica con il groove rock di certe band goth-rock di tendenza come Sentenced, Him, The 69 Eyes ma il risultato è poco più che sufficiente. Si torna al power oscuro ed elaborato con “Ghost love score” una vera e propria suite che credo sia la migliore traccia del disco. Qui la band si presenta sobria ed efficace affidandosi a riff graffianti e dinamici alternati a refrain vocali nuovamente minori e malinconici. Le conclusive “Kuolema Tekee Taiteilijan” e “Higher than hope” lasciano svanire le ritmiche aggressive ascoltate fin qui a favore di melodie vocali romantiche e arrangiamenti sinfonici ariosi.

In definitiva “Once” presenta una band con un potenziale incredibile, il disco è mirato a conquistare gli ascoltatori più giovani e inesperti ma riesce in certi tratti a colpire anche i più esigenti. Siamo di fronte a dei Nightwish più costruiti, più stereotipati rispetto al passato, questa improvvisa oscurità sonora calza a pennello con i trend gothic rock imperanti nel mercato discografico maggiore. Un fenomeno che ha fatto vendere tonnellate di dischi, un trend che coinvolge nomi incredibilmente differenti, da Avril Lavigne, ai Lacuna Coil, passando per gli Evanescence e ora anche i Nightwish. Meditate gente, meditate a fondo.

1. Dark Chest Of Wonders 04:33
2. Wish I had An Angel 04:10
3. Nemo 04:41
4. Planet Hell 04:43 
5. Creek Mary’s Blood 08:34
6. The Siren 04:49 
7. Dead Gardens 04:33
8. Romanticide 05:02 
9. Ghost Love Score 10:04
10. Kuolema Tekee Taiteilijan 04:03 
11. Higher Than Hope 05:33 

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