Recensione: One Bullet Left

Di Fabio Vellata - 11 Settembre 2011 - 0:00
One Bullet Left
Band: Sinner
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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78

Parlare di Matt Sinner è ormai diventato quasi come il discorrere amabilmente di un vecchio conoscente che, con il tempo, ha acquisito familiarità tanto da poter essere considerato una figura amichevole. In pista da quasi tre decadi, il musicista teutonico ha saputo costruire per se e per il suo storico moniker una fama rispettabilissima, forgiata sulla base di una lunga serie d’album caratterizzati da un approccio alla materia hard n’heavy onesto ed essenzialmente diretto, pur se non privo di qualche raffinatezza e tocco di classe.

Tradizionali nella sostanza e mai votati a particolari innovazioni, i Sinner hanno disegnato, nell’arco di una lunga carriera, un percorso grossomodo circolare che, negli ultimi episodi, pare approssimarsi sempre più alle origini d’inizio anni ottanta. Dal rock quadrato di matrice tedesca degli esordi, si è, infatti, passati alle potenti svisate heavy power del medio periodo – culminato con quel piccolo capolavoro intitolato “The Nature Of Evil” – per poi, dopo una fase durata una manciata di ellepi, riannodare progressivamente le fila con il passato, ritornando ad uno stile più cadenzato ed “aperto” (non azzarderemmo definirlo “solare”) entro cui far risaltare la motrice predominante dei pensieri musicali e delle influenze care al buon Mat, ovvero gli intramontabili Thin Lizzy.

Già con i due capitoli precedenti, a partire quindi da “Mask Of Sanity” del 2007, il punto di rottura – o per meglio di dire, di “ritorno” all’hard rock – in forza al sound del combo germanico è parso in evidente ascesa, voglioso di riacquisire il ruolo di principale caratteristica nel songwriting del gruppo. Il successivo “Crash n’Burn” (2008) ha poi confermato la tendenza, segnalandosi per ulteriori ed ancor più marcati passaggi verso lo stile degli esordi, preludio per un nuovo e probabilmente definitivo passo verso le sonorità di vecchia concezione.
Radicato nel profondo degli stilemi heavy rock, “One Bullet Left” si manifesta così come un album in cui far valere sempre una notevole e rocciosa “muscolosità”, mitigata tuttavia con un senso per la melodia che lascia ormai quasi del tutto in secondo piano le classiche e veloci sparate power, il tutto a vantaggio di cadenze meno urgenti e ritmiche dall’incedere sempre più hard rock.

Non è probabilmente il miglior disco nella storia dei Sinner, è necessario ammetterlo. I momenti di buona musica però non mancano affatto nemmeno stavolta e confortano gli affezionati di una band che ben difficilmente ha tradito con prodotti dozzinali o poco curati. Pur nella schiettezza del solido hard n’ heavy, Mat e compari anche con “One Bullet Left” riescono nell’intento di allineare una serie di brani essenzialmente godibili e di piacevole ascolto.
Un contributo arriva forse pure dal radicale cambio di line up avvenuto nel recente passato, con il solo chitarrista Christof Leim rimasto in formazione e gli innesti del nuovo drummer Andre Helgers (Rage) e di altri due guitar player aggiuntivi: Alex Schopp (Tarja) e Alex Beyrodt (già con i Sinner per un lungo periodo in precedenza), a comporre un gruppo di tre asce in stile Iron Maiden, funzionale nel proporre qualche idea un pizzico più elaborata e nel porre in risalto il valore degli assolo, un elemento di solito vitale nelle strutture di heavy ed hard rock.
Con le ottime “Back On Trail”, “Haunted”, “Wake Me When I’m Sober” e “Rolling Away” (eccellente chiusura), la consueta ispirazione derivante dai Thin Lizzy si fa prepotente, ma un po’ in tutto il disco si respira l’atmosfera di un progetto che ha finalmente riscoperto le proprie origini, andando a pescare – pur tra alti e bassi, asperità heavy ed accenti rock – da un modo di comporre ritornato pienamente in auge.
Un simbolo, tra i tanti, è rappresentato proprio dalla cover della straordinaria “Atomic Playboys” di Steve Stevens (originariamente composta nel 1989): un omaggio davvero riuscito e gradevole ad un periodo musicale semplicemente “aureo”.

Molte buone canzoni, l’aria sempre genuina di chi suona per passione – senza troppe ruffianerie – ed un disco che, nel complesso, garantisce le solite positive sensazioni generate in tre decadi d’onorata militanza e solida esperienza.
Per il power, mr. Sinner avrà tempo di sfogarsi con i Primal Fear. A noi, personalmente, piace – e pure parecchio – anche quando suona del “sano” e buon hard rock come quello di cui “One Bullet Left” è colmo sino all’orlo.

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Tracklist:

01.    The One You Left Behind
02.    Back On Trail
03.    Give Take
04.    One Bullet Left
05.    10 2 Death
06.    Haunted
07.    Atomic Playboys
08.    Suicide Mission
09.    Wake Me When I’m Sober
10.    Mind Over Matter
11.    Mend To Be Broken
12.    Rolling Away

Line Up:

Mat Sinner – Voce / Basso
Cristof Leim – Chitarre
Alex Beyrodt – Chitarre
Alex Schopp – Chitarre
Andre Helgers – Batteria
 

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