Recensione: One Foot In Hell

Di Mauro Gelsomini - 5 Settembre 2002 - 0:00
One Foot In Hell
Band: Cirith Ungol
Etichetta:
Genere:
Anno: 1986
Nazione:
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80

Giunti al terzo album dopo lo straordinario (ma solo in epoca recente rivalutato) “King Of The Dead”, i Cirith Ungol puntano tutto sulle caratteristiche che resero grande la NWOBHM, senza abbandonare quella identità sonora che fece emergere la loro proposta dalla già affollata scena metallica.
Troviamo quindi una incisiva presenza di riff semplici, sparati, diretti e ripetuti, fedeli alla lezione maiden (non a caso il pezzo che apre l’album è “Blood & Iron”), affiancati all’atmosfera orrorifica e infernale creata dalla voce stridente e super-effettata di Tim Baker, ancora oggi personalissima nell’intero panorama metal. Non manca certo la componente epica, continuando i testi ad essere pienamente in linea con la produzione fantasy di J.R.R. Tolkien, e accanto a pezzi più doom come le cadenzate “Doomed Planet” o la title-track, vero gioiello doom, troviamo brani decisamente più spediti (“100 mph” la dice lunga a questo proposito). In effetti la vera svolta di “One Foot In Hell” rispetto agli album precedenti è proprio questa scelta di aumentare l’ “andatura” sotto l’egida di dischi come “Sign Of The Hammer”, “Defenders Of The Faith”, “Powerslave”, che due anni prima avevano surclassato il suo predecessore. Troviamo quindi una insistita ricerca della melodia e dell’orecchiabilità, ed al contempo il suo quasi ancestrale contrasto con le vocals da oltretomba, ora lamenti cupi e sofferti, quindi acute urla strazianti, il tutto per una miscela epica davvero terrificante. Esemplare a questo proposito è “Chaos Descend”, in cui i rallentamenti e le accelerazioni che legano le parti doom a quelle più tipicamente NWOBHM sono magistralmente condotte dal riffing di grande impatto di Jerry Fogle. E se in “Blood And Iron” la componente più classic è rappresentata dall’influenza degli Iron Maiden, sono i Judas Priest di “Sad Wings Of Destiny” a dettar legge nell’acida e coinvolgente “The Fire”. Una ritmica esasperata avvolta attorno ad un apocalittico interludio solistico trascina la bellissima “Nadsokor”, coverizzata dai nostrani Doomsword nel loro disco omonimo, mentre per la già citata “100 mph” le influenze sono quelle dei più classici inni al metallo molto in voga al tempo, riproposte nel personalissimo sound dei Cirith Ungol in maniera veramente originale: hard rock a cento miglia all’ora strillato dalla voce vetrata e non certo perfetta di Baker. Di grande epicità l’intro di “War Eternal”, che poi si dipana in un tormentone vincente molto piacevolmente Black Sabbath (riproposto con gran classe nella chiusura del riff dai tedeschi Falconer nel loro debut), prima di chiudere in un melodicissimo e struggente guitar solo.
Un po’ in ritardo con i tempi, per quanto riguarda il successo commerciale, anche nel 1986 i Cirith Ungol non furono ricompensati dal pubblico come meritavano, trovandosi contro l’esplosione del thrash americano e scontrandosi con colossi come “Master Of Puppets”, “Peace Sells” e “Reign In Blood”. Oggi, col senno di poi, fortunatamente il disco è stato rivalutato, quantomeno limitatamente al genere cui appartiene, e, se si trascura un particolare non proprio insignificante quale la produzione che lascia un po’ a desiderare, possiamo tranquillamente considerare “One Foot In Hell” come uno dei migliori album di epic metal di sempre.

Tracklist:

1. Blood & Iron
2. Chaos Descends
3. The Fire
4. Nadsokor
5. 100 MPH
6. War Eternal
7. Doomed Planet
8. One Foot In Hell

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