Recensione: Open the Gate (ristampa)

Di LeatherKnight - 14 Gennaio 2003 - 0:00
Open the Gate (ristampa)
Band: Vortex
Etichetta:
Genere:
Anno: 1986
Nazione:
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64

All’ep “Metal Bats” i Vortex fecero seguire, l’anno successivo, il primo full-lenght della loro tribolata carriera. In meno di un anno la band ovviamente non ha subito nessuna evoluzione prodigiosa, semmai torna per rendere più solida la propria personalità musicale e le tracce della propria esistenza; cimentandosi nuovamente in una prova senza lode né infamia, ma dall’irrinunciabile fascino (sempre mitiche le copertine firmate R. Leerentvelt).

Nella sua modestia, “Open the Gate” è un disco carino che rispetta in pieno i canoni dello spirito e del fascino dell’heavy metal anni 80, risultando quindi godibile alle orecchie dei cultori queste sonorità.

Le atmosfere oscure ed infestate si infittiscono massicciamente nelle lyrics stavolta, dove troviamo anche un passaggio (“The Beauty & the Teeth”) ispirato ad un racconto dell’amatissimo scrittore statunitense Edgar Allan Poe.
Parallelamente troviamo anche dei brani che nascondono, più o meno velatamente, tematiche di denuncia sociale (“Bastards”, “MassGrave”) e versi di fantasia (la barbarica “Open the Gate” o la quasi fantascientifica “Glory Gone”).

Il variegato contesto lirico si riflette anche in una più vivace qualità compositiva dei brani che contraddistinguono il successore di “Metal Bats”.
Il duo “The Steeg”/”Whirlwolf” anche questa volta intesse riff ricchi di feeling e passione, cimentandosi anche in alcuni intensi assoli (“Glory Gone”, “Bastards”) niente male; rimanendo comunque su livelli di semplice genuinità old school, come -scusate la pignoleria- l’intera discografia del combo olandese.
“Thundervox” ce lo ricordavamo invece più brillante dietro il microfono; l’aver sviluppato una più convincente espressività (esempio l’ipnotica “Horrible Dolls”) sembra che abbia relegato in secondo luogo la sua flessibilità vocale.

I pezzi scorrono abbastanza bene e sono tutti sopra il livello di decenza, e troviamo anche diversi spunti degni di apprezzamento. Rimane il fatto per godersi questo tipo sonorità è necessario avere un bagaglio di esperienze simili non indifferente, ma al limite i Vortex potrebbero essere anche un modo per iniziare..in fondo, perché no?

A titolo puramente personale aggiungerei anche una riflessione assai combattuta: i Vortex sono una band mitica ed hanno prodotto dischi carini. Non sarebbe dunque più onorevole per i metal acts che si rifanno “all’HM from eighties” coverizzare loro piuttosto che i soliti nomi?
Questa è una considerazione che butto così, senza pretese né alcun legame stretto con la qui presente recensione; lungi da me è anche sentenziare su come e cosa debbano suonare altri musicisti, ci mancherebbe!
Ma ascoltando e riascoltando questo disco per digitare queste quattro cazzate che ho scritto, mi sono chiesto (per l’ennesima volta) perché certe bands che rivendicano un retaggio arcano e quasi elitario non si cimentano nelle cover di bands come i Vortex? Coverizzare il brano dei propri idoli è un sogno, è bellissimo.
Ma perché la stragrande maggioranza delle bands si ostinano a farci vedere come non sanno suonare pezzi targati Iron Maiden, Black Sabbath, ManOwaR, Judas Priest, ecc..??
Non sarebbe più vantaggioso (in tutti i sensi) ed anche piacevole che i nuovi leaders (o presunti tali) del True Metal reinterpretino in chiave moderna piccole gemme del Vero Metallo appartenente ad un’epoca venerata da tutti loro?
Non voglio generalizzare troppo, ma spero che almeno una delle due persone che leggerà questa recensione abbia colto il senso di questa mia personalissima opinione. Discorso aperto e chiuso qua: stop.

Ricordate che nel 2003 è uscita, per la Unisound records, una ristampa ufficiale di “Metal Bats” e “Open the Gate” su cd. Come diversi articoli del catalogo della label ateniese per lo più non c’è nulla di irrinunciabile (AxeMaster, The Awakening, Vortex appunto, ecc), ma, a fianco a quelle chicche che possono essere apprezzati solo dai maniaci più romantici, ci sono diverse releases di grandissimo valore artistico che non si possono lasciar scappare (i nostri Wyvern, Dark Quarterer, Apollo Ra, Sarissa, ecc..).

Non so se è un problema comune a tutti o limitato a qualche caso, ma vedete che la sequenza dei brani è invertita rispetto all’ordine riportato sul retro (il cd inizia con “Open the Gate” e poi, dalla decima track in poi, parte con “Metal Bats”); giusto per appunto, fossero questi i problemi!

Senza voler eccedere troppo nell’entusiasmo, la mia personale opinione è che fra qualche anno queste edizioni saranno altamente considerate da collezionisti e non; perché farvele passare sotto il naso adesso che si trovano bene presso i rivenditori specializzati e che pagate comunque come un cd normale, se non meno? Volete proprio aspettare che le quotazioni salgano?
In più è tutta roba legalmente a posto; di conseguenza gli artisti vengono finalmente rispettati (alla faccia dei produttori di ristampe bootleg!) e forse ricevono qualcosina (meritatissima); la Unisound cresce e si stabilizza sempre più (ottima label); e poi supportate e rinvigorite la richiesta di materiale poco conosciuto, ma per nulla scadente, ..ultra kult!
Anche se non si parla di dischi che sconvolgeranno la vostra vita, potete vedere che ascoltando questo tipo di materiale, in un contesto ufficiale, si può migliorare il nostro mondo (musicale): diamoci da fare!!

Leopoldo “LeatherKnight” Puzielli

1) Open the Gate
2) Soul Killer
3) Bastards
4) Horrible Dolls
5) Growing power
6) MassGrave
7) The Beauty & the Teeth
8) Glory Gone
9) Get out

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