Recensione: Origo

Di Claudio Casero - 27 Dicembre 2005 - 0:00
Origo
Band: Burst
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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60

Gli svedesi Burst si ripropongono al pubblico con questo “Origo”, secondo lavoro della band che, con il loro sound, mischia sonorità thrash e nu metal a momenti più squisitamente gothic.
Credo che l’intento del gruppo sia quello di dimostrare che melodia e potenza riescono a convivere senza nessun problema; ciò è vero, esistono infatti molteplici gruppi che riescono a mixare questi due differenti aspetti della musica senza cadere in banalità o stonature di sorta. Purtroppo questo non è il caso dei Burst; la voce urlata, che in alcuni frangenti assomiglia decisamente a quella del cantante degli Slipknot, non si adatta per nulla alla base melodica creata dagli altri strumenti. Chiari esempi esplicativi di questo sono brani come “Where the wave broke” e “The immateria” in cui la band convince decisamente quando si tratta di parti ritmate e potenti, ma non ha nessun aspetto positivo quando si passa a frangenti maggiormente melodici e riflessivi; in queste occasioni lasciano molto a desiderare sia la parte musicale, abbastanza banale e alquanto ripetitiva e, soprattutto, la voce che non riesce, nemmeno con un immenso sforzo, ad adattarsi risultando completamente fuori luogo ed in completo contrasto con il resto.
Di contro, all’interno di “Origo” troviamo brani davvero validi come “Sever”, “Slave emotion” e “Stormwielder” che si addentrano maggiormente nel thrash, con qualche momento death e la contaminazione di alcune sensazioni nu metal; in questi casi, la potenza creata dalla band è notevole, energia allo stato puro caratterizzata da riff mastodontici e cupi che lasciano qua e là spazio a vere e proprie cavalcate di chitarra accompagnata da un uso della doppia cassa mai particolarmente ovvio e con un tempismo alquanto preciso. La voce è perfetta, in queste occasioni, e non denota nessuna mancanza eccezion fatta per alcuni scream poco convincenti ma che passano inosservati nel complesso.
Un terzo genere di brani presenti nel cd è quello delle canzoni che passano indifferenti all’orecchio dell’ascoltatore; è questo il caso di “Flight’s end” e “Mercy liberation”, pezzi che sinceramente si possono definire “senza infamia e senza lode” ligi ai clichet tipici del genere con qualche cambiamento stilistico che di certo non brilla per originalità, come per esempio la parti che prendono spunto dal gothic; il problema è che questo genere è molto d’atmosfera e i Burst, purtroppo, l’atmosfera non riescono proprio a crearla; sia chiaro, i brani in questione sono molto ben strutturati e suonati magistralmente, dimostrando la loro indubbia capacità come musicisti; anche la voce femminile è bella e inserita con gusto, ma alla fine non lascia nulla di tangibile, di espressamente valido o convincente.
Unico brano che riesce veramente a mischiare melodia e potenza in maniera interessante è “Homebound”, in cui ogni cosa è al posto giusto e al momento giusto; la melodia è il giusto preludio all’esplosione di energia che avverrà di lì a poco per poi ritornare alla pace e alla tranquillità in un crescendo di emozioni che vengono spezzate da riff al fulmicotone o da cambi di tempo progressive.
Discorso completamente differente deve invece essere fatto per “It comes into view”, brano completamente strumentale in cui i nostri riescono a creare un’atmosfera veramente surreale e quasi doom utilizzando arpeggi di chitarra claustrofobiche che riescono a far mancare l’aria all’ascoltatore; il ritmo di batteria sempre uguale in questo caso non è un difetto ma bensì un grande pregio dal momento che diventa un martellio incessante che conferisce ancora maggior tenebrosità ad un brano molto introverso.

È quindi molto difficile valutare questo “Origo” visto che presenta al suo interno brani molto differenti tra di loro sia come genere che come appetibilità; di certo non può essere considerato un lavoro completamente negativo anche se presenta notevoli pecche che abbassano il valore del cd.
Le idee della band non sono per nulla da scartare, ma sono realizzate in maniera poco piacevole e di certo non apprezzabile dai più. Come se non bastasse alcuni brani sono troppo banali e ripetitivi per poter annoverare questo lavoro tra i migliori usciti negli ultimi periodi.

TRACKLIST
1. Where the wave broke
2. Sever
3. The immateria
4. Slave emotion
5. Flight’s end
6. Homebound
7. It comes into view
8. Stormwielder
9. Mercy liberation

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