Recensione: Outcry

Di Marco Donè - 29 Ottobre 2022 - 6:00
Outcry
Band: Estriver
Etichetta:
Genere: Hard Rock  Progressive 
Anno: 2021
Nazione:
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70

Avevo sentito parlare molto bene dei triestini Estriver e così, con molta curiosità, mi sono approcciato al loro debut album, “Outcry”, uscito lo scorso anno, a marzo 2021. L’ascolto di “Outcry” non ha assolutamente deluso le aspettative ed è bastato leggere i nomi presenti in line-up per comprenderne il perché. Gli Estriver, infatti, rappresentano l’evoluzione degli hard rocker Blue Rose, band che dopo due dischi ha deciso di cambiare nome, inserire nel proprio sound marcate componenti progressive metal e piazzare al microfono un’autentica “bestia”, che risponde al nome di Piero Pattay (Fist of Rage, ex Arthur Falcone’ Stargazer). Gli Estriver, insomma, sono una formazione che sa il fatto suo, dotata di esperienza, spiccate capacità tecnico-compositive e, soprattutto, ha le idee chiare su ciò che vuole. Per forza di cose il loro disco di debutto non poteva deludere le aspettative.

Provando a entrare in “Outcry”, nel dettaglio, ci accorgiamo subito di come il disco possa contare su una produzione curata e al passo con i tempi, in cui ogni strumento viene valorizzato a puntino. Le chitarre, in particolare, risultano grosse come macigni. Ecco, se proprio volessimo essere pretenziosi, potremmo dire che la batteria poteva forse ricevere un pizzico di attenzioni in più, ma stiamo proprio cercando il classico pelo nell’uovo. Per quanto riguarda il lato prettamente musicale, invece, possiamo dire che con “Outcry” gli Estriver mettono a segno una vera e propria evoluzione di quanto proposto dai Blue Rose. La base hard rock è facilmente riconoscibile, anche se i Nostri spostano l’ago della bilancia sulla componente prog, sfoggiando ottime capacità tecniche e compositive. Spiccano in particolare le prove delle due chitarre di Giuliano Sorano e Riccardo Scarmelli, pronte a tracciare interessanti riff e a dare il loro massimo in sede solistica. Ottima anche la sezione ritmica, in cui spicca soprattutto il basso di Guido Lucchese, che crea un vero e proprio muro di suono, donando ai pezzi un gran groove. Su questo interessantissimo tappeto sonoro Piero Pattay libera tutta la potenza e la personalità della propria voce, riuscendo a rappresentare alla perfezione l’anima di ogni canzone. Il cantante, infatti, all’occorrenza si rivelerà aggressivo, melodico, delicato, folle. Davvero una grande performance.

Outcry”, in questo modo, si dimostra un lavoro incisivo, capace di guadagnare fascino con gli ascolti. Le composizioni risultano efficaci e coinvolgenti; basta ascoltare la bellissima e diretta ‘Slavery’ per comprendere le qualità del disco. Come dicevamo poco sopra, inoltre, “Outcry” rivela varie sfumature nel corso dei suoi cinquanta minuti di durata. E così, se la già citata ‘Slavery’ rappresenta l’anima più diretta del disco, ‘To Wish to Have a Human Nature’ esprime al meglio l’eleganza presente nel sound degli Estriver. ‘The Man Who Could Fly’ è forse il capitolo più delicato dell’intero lavoro, mentre ‘Belonging’ quello più sperimentale e folle, con una parte vocale urlata in finale di canzone che spiazza non poco.

Outcry”, insomma, è un disco riuscito, convincente, che conferma una volta in più la qualità che il capoluogo giuliano custodisce nei suoi confini ed è in grado di offrire alla causa del metallo pesante di casa nostra. Se proprio volessimo essere pignoli, “Outcry” avrebbe potuto essere ancora più convincente se gli Estriver fossero riusciti a inserire nella propria ricetta un pizzico di pathos e di dinamica in più. Ma sia chiaro: la qualità offerta dal quintetto triestino è davvero tanta. Non dobbiamo dimenticare, inoltre, che “Outcry” è comunque un disco di debutto e, anche se ci troviamo a che fare con musicisti molto preparati, qualche passaggio per forza di cose deve essere affinato in previsione futura. Ma se questa è la base di partenza, beh, teniamo d’occhio gli Estriver, ne sentiremo di sicuro parlare, e tra non molto. Intanto gustiamoci questo debutto, intitolato “Outcry”: di qualità ce n’è davvero tanta. Avanti così Estriver.

Marco Donè

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