Recensione: Pandora’s Piñata

Di Emanuele Calderone - 22 Maggio 2012 - 0:00
Pandora’s Piñata
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Anno: 2012
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80

Che i Diablo Swing Orchestra non fossero una band qualunque era chiaro fin dall’inizio: “The Butcher’s Ballroom” giunse come un fulmine a ciel sereno, scuotendo l’intero panorama avantgarde. Nel 2009, la piccola orchestra tornò sulle scene con “Sing Along Songs for the Damned & Delirious”.

Oggi, a distanza di tre anni, il combo si ripresenta sul mercato discografico con “Pandora’s Piñata”. L’ultimo parto degli svedesi prosegue il discorso intrapreso fin dall’esordio: i ragazzi dunque continuano con la loro proposta originale, frizzante ed estremamente dinamica, che fa della varietà il suo punto di forza.
Nonostante la moltitudine di sonorità, “Pandora’s Piñata” non risulta affatto confusionario o dispersivo: il songwriting è compatto e coinvolgente, gli arrangiamenti raffinati e dotati di una freschezza davvero invidiabile.
L’evoluzione sonora, pur proseguendo, non porta a uno snaturamento del sound: la solida base progressive rimane, così come le atmosfere teatrali; non mancano neanche i momenti più tirati (non molti invero) e le parti accostabili alla musica sinfonica. Lo swing assume maggiore importanza e non rappresenta più una semplice influenza, divenendo, assieme al già citato prog, il perno attorno al quale si sviluppano i brani. A rendere il piatto ancor più ricco e gustoso ci pensano le continue divagazioni dal sapore blues, jazz e folk che venano l’album per tutta la sua durata.
Da un punto di vista esecutivo, manco a dirlo, i sette non prestano il fianco a critiche; il combo è puntuale e preciso come un orologio svizzero e i passaggi, anche quelli più tortuosi, vengono affrontati con una sicurezza quasi sfacciata. Il riffing disegnato da Pontus e Daniel è variegato almeno quanto le ritmiche schizzate tessute da Andy al basso e da Petter alla batteria. Violoncello, trombone e tromba contribuiscono a conferire quel tocco jazz e quell’atmosfera a tratti scanzonata che caratterizza talune canzoni. Ad incorniciare tutto ci pensa, infine, un’incontenibile Anneluice, cantante di estrazione lirica, in grado di interpretare alla perfezione ciascuno degli undici pezzi che compongono la tracklist. La singer si rivela il vero e proprio asso nella manica dei Nostri, grazie ad una voce potente e cristallina, capace di cambiare registro con una facilità disarmante.

Se arrivati a siffatto punto vi state chiedendo quali siano le canzoni migliori e quali quelle peggiori, sappiate che l’ultimo dei due aggettivi in questo full-length non è contemplabile. Gli episodi scorrono piacevolmente e riescono a stamparsi nella mente sin dai primi ascolti. Premendo il tasto play del lettore, “Voodoo Mon Amour” ci catapulta nell’universo musicale dei Diablo Swing Orchestra. Arrangiamenti di chiaro stampo swing -roba che non avrebbe certo sfigurato negli spettacoli teatrali americani degli anni andati- duettano con atmosfere dal vago sapore mediterraneo, il tutto sostenuto da una base di chitarra, basso e batteria, che non rinnega affatto le radici metal del combo. Da qui in poi sarà un susseguirsi di sbalzi d’umore degni dell’artista più lunatico e psicotico. Si va dalla ritmata e solare “Guerrilla Laments”, dotata di un flavour tipico di certe produzioni anni ’40, alle drammatiche “Kevlar Sweethearts” e “Justice for Saint Mary” -l’episodio più “cinematografico del lotto-, fino alla toccante e, aggiungerei, meravigliosa ballata “Aurora”. Proprio quest’ultima raggiunge, assieme a “Black Box Messiah”, le vette qualitative più elevate dell’intera track-list: la voce di Anneluice è potente, brillante e pura come un diamante. L’emissione vocale ha dello strabiliante e la giovane riesce a raggiungere note degne di un soprano d’agilità navigato. Il lavoro degli altri musicisti è tanto delicato quanto necessario: flauti e violoncello diventano i veri protagonisti, mentre chitarra, batteria e contrabbasso fanno da sfondo.
Si accennava, poche righe più sopra, al brano “Black Box Messiah”, beh, lasciatecelo dire senza remore: si tratta, in assoluto, di una delle tracce più brillanti e geniali mai scritte da quest’orchestra di matti. Dopo una breve introduzione strumentale, divertente come non mai, parte un chorus cantato in giapponese al quale fa seguito una prima strofa interpretata dalla singer con la consueta eleganza. Il pezzo al suo interno racchiude non solo richiami al folk giapponese, ma anche allo ska, sebbene in misura minore. Il risultato, ve ne accorgerete da soli, è di sicuro impatto!

Non contenti di aver partorito un dischetto di ottima qualità, gli svedesi decidono anche di confezionarlo nel migliore dei modi: la copertina è una vera e propria festa per gli occhi, un’esplosione di colori sgargianti che ben si sposa con la musica proposta. Anche il tema dell’artwork non stona affatto, anzi: la foresta, le figure dei due bambini guidate dall’inquietante presenza del serpente, rappresentano la doppia anima del cd, allegro e spensierato sì, ma sempre venato da un’inquietudine palpabile.

Come avrete intuito “Pandora’s Piñata”, nella sua complessità rimane un prodotto di innegabile bontà. Un lavoro, questo, che per essere compreso al meglio necessità di numerosi e attenti ascolti. Un’opera che sa dare grandi soddisfazioni a chi riesce a coglierne la vera essenza e che potrà rendere felici davvero tutti, dai più smaliziati progster a coloro i quali sono più avvezzi a sonorità d’avanguardia.
Forse non sarà il disco più originale firmato dai Diablo Swing Orchestra, ma senza dubbio conferma quanto di buono fatto fin’ora dalla band. Complimenti vivissimi.

Emanuele Calderone

Tracklist:
01- Voodoo Mon Amour
02- Guerilla Laments
03- Kevlar Sweethearts
04- How to Organize Lynch Mod
05- Black Box Messiah
06- Exit Strategy of a Wrecking Ball
07- Aurora
08- Mass Rapture
09- Honey Trap Aftermath
10- Of Kali Ma Calibre
11- Justice for Saint Mary

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