Recensione: Passage to the Other Side

Di Matteo Lavazza - 21 Giugno 2003 - 0:00
Passage to the Other Side
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Anno: 2003
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75

Ritornano sulle scene un anno dopo lo splendido “Xiled to Infinity and One” gli statunitensi Seven Witches, e lo fanno con un nuovo cantante, cioè James Rivera, una delle voci più belle del panorama classic metal americano.
I Seven Witches ruotano sempre attorno alla figura del chitarrista Jack Frost, davvero uno dei più talentuosi chitarristi emersi negli ultimi anni, vero e proprio mastermind della band Frost è riuscito a far crescere la band nonostante il Metal proposto non sia esattamente quello che vende negli U.S.A.
Questo “Passage to the Other Side”viene aperto da “Dance With the Dead”, song nel classico stile della gruppo, un metal mai eccessivamente veloce ma sempre potente e con delle buone melodie. Fin da subito si capisce che la voce di Rivera si è integrata alla perfezione, riuscendo a dare personalità e potenza al pezzo, è davvero incredibile come dopo anni ed anni di carriera James riesca ancora ad avere una voce tanto potente.
Purtroppo a mio parere la band non riesce a ripetere l’exploit del disco precedente, certo ci sono delle belle canzoni , potenti come si conviene ad un gruppo del genere, ma purtroppo troppe canzoni hanno il difetto di scorrere via senza colpo ferire, senza riuscire ad avere quell’impatto sull’ascoltatore che permette ad una canzone di crescere di livello.
Fortunatamente ci sono anche delle canzoni che riescono a colpire nel segno, e bisogna ammettere che quando i Seven Witches riescono  trovare la giusta alchimia colpiscono duro, canzoni come “Fever City”, che grazie ad un lavoro di arrangiamenti davvero meraviglioso riesce a regalare dei momenti da brivido coi suoi riff di puro acciaio ed i cambi di tempo che i susseguono fluidi a dare varietà al pezzo, “Betrayed” con le chitarre pesanti come macigni e la sezione ritmica, composta dal grande Joey Vera al basso e da Brian Craig alla batteria, che crea un muro sonoro davvero impressionante, “Nature’s Wrath” che grazie a tempi piuttosto sostenuti coinvolge l’ascoltatore, merito anche di Rivera che sfodera secondo me una prova davvero maiuscola in quanto ad energia, e la conclusiva “Passage to the Other Side”, davvero convincente con le sue atmosfere inizialmente cupe e soffuse che a metà canzone lasciano il posto a partiture tipicamente metal made in U.S.A., con il cantante ancora una volta sugli scudi, la voce calda di James riesce ad interpretare il brano in modo davvero magnifico, riuscendo se ce ne fosse bisogno a rendere la canzone ancora più bella di quello che già è.
Un capitolo a parte lo merita “Mental Messiah”, un vero è proprio manifesto del metal classico americano, riff cattivissimi, una base ritmica terribilmente massiccia e un cantato che ricorda molto da vicino certe cose dei Judas Priest, davvero un pezzo che farà la felicità di tutti i defenders più incalliti.
La produzione affidata alla coppia Vera-Frost è ottima, grezza quanto basta per donare potenza al disco e pulita al punto giusto per far risaltare gli tutti gli strumenti.
Tecnicamente la band non si discute, quando a suonare sono musicisti del calibro di quelli coinvolti nei Seven Witches non si può far altro che inchinarsi.
Peccato che, oltre alle canzoni che ho citato, il resto del disco scorra via senza lasciare nessuna emozione, senza che si riesca a ricordare qualcosa di speciale all’interno della maggior parte dei brani, di sicuro coloro i quali cercano dei dischi di classic metal troveranno tra i solchi di questo “Passage to the Other Side” delle buone canzoni, certo che se tutti i pezzi fossero stati ai livelli dei 4-5 migliori ci saremmo trovati di fronte ad un capolavoro, ma forse era chiedere troppo.

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