Recensione: Pentagram

Di elena0308 - 20 Settembre 2004 - 0:00
Pentagram
Band: Pentagram
Etichetta:
Genere:
Anno: 1985
Nazione:
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80

I Pentagram sono una delle band cardine del doom classico e, anche se meno noti al grande pubblico di band come i Candlemass,
hanno il merito di aver portato avanti (grazie al leader Bobby Liebling) con costanza il loro sound sin dai primi seventies fino ai
giorni nostri. Difatti la band produsse diversi singoli durante tutta
la decade degli anni 70 ma riuscì a pubblicare il primo full leght, l’omonimo Pentagram, solo nel 1985.
La prima edizione pubblicata dalla Pentagram
(che però non ha nessun legame con la band, si tratta di una semplice omonimia) presenta semplicemente il logo del gruppo su sfondo nero.
Successivamente nel 1993 la Peaceville ripubblicò l’album col titolo Relentless riportando in copertina un classico pentacolo.
Il sound dei Pentagram in questo lavoro è estremamente vicino (anche grazie alla voce del singer Bobby “Plugie” Liebling, non molto
potente ma evocativa) ai primi Black Sabbath di Ozzy, indiscussi precursori del genere. I pezzi sono relativamente brevi e le atmosfere risultano lugubri e cimiteriali con arpeggi e riff pesanti e asfittici sempre alternati a ritmiche più hardrockeggianti. Intendiamoci, siamo abbastanza lontani dal doom
monumentale, epico ed atmosferico dei Candlemass che solo un anno dopo usciranno col masterpiece ‘Epicus Dominicus Metallicus’.
Un album
come questo può effettivamente spiazzare chi è abituato al doom moderno, mentre entusiasmerà coloro che amano un sound più ‘datato’. Difatti la musica dei primi Pentagram è stato definito proto-doom per le sue caratteristiche spiccatamente seventies, basti pensare il gruppo si rifà esplicitamente alla psichedelia dei Blue Cheer (e qui siamo addrittura negli anni 60). Il disco presenta pezzi di purissimo
Doom come The Ghoul e Sinister caratterizzati da chitarre e ritmiche asfissianti con atmosfere davvero macabre. La prima, The Ghoul, a mio avviso è il pezzo più
rappresentativo del disco grazie ai suoi riff di chitarra funerei ma estremamente atmosferici, per non dire esoterici ed anche grazie ad una voce tanto evocativa che sembra provenire direttamente dall’oltretomba. A questi brani si affiancano pezzi più veloci ma sempre
pregni di sfumature cupe come Sign of the Wolf o Dying World che ricordano un pò l’ala della NWOBHM
più sabbathiana e dark come Angel Witch e Witchfinder General (autori di 2 soli album nella prima decade degli 80’s), o pezzi più bluesy e hardrockeggianti
come You’re lost, I’m free o 20 Buck spin.
Nel complesso l’album è piuttosto omogeneo, abbastanza veloce e ‘grezzo’ rispetto al successivo “Day of reckoning”, inprescindibile per chi vuole conoscere le origini musicali del doom e le sue atmosfere esoteriche, psichedeliche, oscure e
magiche che sono abbastanza lontane dal doom che va oggi per la maggiore.
La band non ha mai cessato la sua attività grazie al singer e fondatore che l’ha portata avanti negli anni nonostante i continui cambi
di line up (e qualche cambio di mononicker)ed è a tuttoggi sotto un’etichetta italiana,la Black widow,specializzata in band dark/doom.

Tracklist

1. Death Row
2. All Your Sins
3. Sign of the Wolf
4. The Ghoul
5. Relentless
6. Run My Course

7. Sinister
8. The Deist
9. You’re Lost, I’m Free

10. Dying World
11. 20 Buck Spin

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