Recensione: Plague of the Undead

Di Nicola Furlan - 20 Maggio 2014 - 3:40
Plague of the Undead
Band: Zombie Lake
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2014
Nazione:
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48

Mediocre esordio discografico per i Zombie Lake, thrash metal band statunitense autrice di un aspetto compositivo ‘fotocopia’ di quanto prodotto in passato da nomi d’alto calibro. Certo sono in molti a rifarsi ai fasti del vecchio, passatemi il termine, old school thrash metal, ma quantomeno sono in tanti a tentar di rendere personale o moderno un sound altresì scontato e patetico.
Ahimé, con “Plague of the Undead” i Nostri sembrano non aver approcciato a nulla se non all’entrare in una sala prove e dar vita ad un qualcosa di superficiale, dozzinale anche nella cura dell’aspetto compositivo stesso che non ha nulla di apprezzabile, né a livello di compattezza ritmica, né a livello di raffinatezza esecutiva. Poco male si potrebbe dire… tanti in passato hanno optato per ‘il marcio’. Il fatto è che quel ‘marcio’ tanto apprezzato trascinava con sé sensazioni estreme, violente, oscure, ferali. Si pensi, (generalizzazioni perdonate), ai ‘mood’ trasmessi dai dischi dei vari Kreator, Sodom, Possessed, Celtic Frost, Living Death, Minotaur… Qui la band ci prova, ma non propone nulla di tutto ciò.
I brani, composti nel corso di un intero decennio, a tratti adolescenziali, sono il copia/incolla l’uno dell’altro, riportano prevalentemente alla memoria i fasti del teutonic thrash anni Ottanta, a tratti propongono anche inconsistenti latrati emulanti i primi malati vagiti del death-thrash statunitense delle origini, qui interpretato con scarsissima attitudine. Un’accozzaglia di brani concepiti probabilmente ritrovandosi a provare una volta al mese, per il mero gusto di fancazzare tra birra e rutti, sperando di dar vita ad un qualcosa di sincero… Niente da fare. Difficile davvero trovare qualche aspetto di pregio in questi quaranta minuti di musica. E pensare che le voci sono state registrate niente meno che presso i famosissimi svedesi Sunlight Studio!
Scadente anche la copertina che, ovviamente, altro non fa che certificare l’assoluta volontà e convizione dei quattro. Decente la produzione in quanto sostiene di fatto gli intenti di proporre un qualcosa dal gusto retrò. Perlomeno in questo ne riconosciamo la coerenza. Ma è un po’ poco…
Per il resto: stendiamo un velo pietoso. Spiace davvero dover esprimersi in tal senso, ma il thrash metal è una corrente artistica a tutti gli effetti, pregna di valori, veicolo di energie e ribellione oppure di divertimento puro e sincero. La forza di questa corrente musicale è la grande capacità di interscambio artistico. Può essere manipolata, la puoi far incazzare come puoi farla ruttare in faccia al mondo, ma non la devi prendere sottogamba, pena il diventar ‘patetici’. Vedetela come preferite, a seconda del vostro mood potete sempre scegliere un disco dei Kreator o uno dei Tankard, uno dei Sacred Reich o uno degli Anthrax
Credetemi, provate pure ad ascoltare questi morti viventi, ma non impegnatevi troppo per comprenderli; di altre scelte ne avete da qui alle fine del tempo. Sorvolate se potete.

Nicola Furlan

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