Recensione: Portrait Of A Wasteland

Di Andrea Bacigalupo - 25 Febbraio 2023 - 16:11
Portrait Of A Wasteland
Band: Adversor
Genere: Thrash 
Anno: 2023
Nazione:
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72

Si mette su ‘Portrait Of a Wateland’, nuovo album dei veneti Adversor e subito l’aria si addensa, diventa scura e comincia ad emanare un’inquietante odore di zolfo.

Diciamo che, ascoltandolo, per certi versi è come tornare indietro nel tempo, quando i demoni volevano uscire dall’Ade cavalcando le spedite note del nascente Speed-Thrash.

Gli Adversor suonano essenzialmente questo, non nascondendo la forte influenza esercitata da chi ne è stato capostipite: Kreator e Sodom in testa.

Sono passati ben cinque anni dall’ultimo ‘The End of Mankind’ del 2018 e l’aggettivo di “giovane band” che avevamo usato all’epoca è ormai vetusto: di fatto c’è una maturazione artistica e la band ci tiene molto a metterla in bella evidenza.

Questo nuovo Full-Length non è un “Me la sbatto la cintura! Velocità smodata, VIA!” (Lord Casco – ‘Balle Spaziali’) ma un continuo concatenare questo modo di suonare straveloce con tempi più cadenzati, senza però diminuire la fluidità e l’impatto sonoro, che resta solido, cupo e malvagio, innescato da una batteria rocambolesca e da un basso da assalto in prima linea (ad opera di Alessandro Meneghini, in arte Ale, ultimo entrato nella band ed anche componente dei roboanti Unorthodox).

Per quanto l’album richiami il passato, dentro ci sono i giorni nostri, manifestati da un rovente lavoro di chitarra che si destreggia bene tra passaggi ritmici in sincrono ed asincroni, mai scontati e frutto di un qual certo studio anche del settore Black, con sezioni soliste, invece di stampo più classico, fluide e portanti, dove la melodia abrasiva sovrasta la furia dei riff senza, però, ammorbidirsi.

La voce caustica e malvagia di Dado amplifica la sensazione di stare sul palco dell’inferno e mette ferocemente i puntini sulle ‘i’ sui temi affrontati dagli Adversor: la sofferenza, l’ansia, il dolore e la frustrazione che possono provare le persone ma anche una forte critica ad una società che sta annegando in una spirale di scelte estreme che negano il futuro e demoliscono i sogni.

Buona l’idea di “spezzare” ogni tanto il tiro dei brani con tracce più fruibili e coinvolgenti, evitando così la sensazione di continuo “bam bam” che rischiano di produrre questi album (colpevoli anche le uscite in quantità industriale, che appiatiscono un genere di per se stesso piuttosto “confinato”): facendo forzatamente una distinzione di stile, la trascinante ‘Outcast’, la pestata e sostenuta ‘Entagled’ e la marziale ‘Seven Years’ virano più all’Heavy Metal Classico, ma non per questo le fiamme infernali che scaturiscono dall’album si smorzano.

Per il resto, usando una frase di altri tempi, “la velocità delle canzoni rischia di far volare il disco dal piatto, se si rompe la cinghia”, ma questo è il marchio di fabbrica degli Adversor. Marchio che stanno cercando di personalizzare sempre di più, creando ambienti sonori sì carichi di ferocia, ma espressa attraverso un alto tasso tecnico e con molteplici varianti sonore.

Concludendo, ‘Portrait Of a Wasteland’, distribuito da Time To Kill Records dal 24 febbraio 2023, mostra una band solida, che sta addensando le proprie idee per costruire un qualcosa di concreto. C’è ancora del lavoro da fare, qualche sbavatura si sente, ma la strada è quella giusta. Aspettiamo.

Infine, si segnala che su ‘Puryfing Hate’ è ospite Martin Missy dei tedeschi Protector.

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