Recensione: Powers That Be

Di Andrea Bacigalupo - 27 Novembre 2020 - 8:30
Powers That Be
Band: Wreck-Defy
Genere: Thrash 
Anno: 2020
Nazione:
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75

La storia dei Wreck-Defy è iniziata in Canada nel 2016 quando il chitarrista Matt Hanchuck ha deciso di avvalersi della collaborazione dell’amico Justin Steer (voce e basso) e di Shawn Drover (ospite alla batteria) per dar vita al suo progetto solista.

Nel 2017 è uscito così il primo album ‘Fragments of Hanger’, composto essenzialmente da canzoni scritte 20 anni prima.

Sull’onda del platter il gruppo ha iniziato a fare un po’ di tour ed a suonare in alcuni festival, aprendo per band quali Demolition Hammer, Kataklysm e Sebastian Bach.

Nel 2018, finita la collaborazione con Justin e Shawn, Matt incontra un tale di nome Aaron Randall (noto per essere stato, solo, il vocalist degli Annihilator nel periodo ’92 – ’94, cantando nel terzo album ‘Set the World on Fire’) e poi un altro personaggio mica da poco: il bassista Greg Christian, dei Testament nel loro primo periodo dal 1985 (quando ancora si chiamavano Legacy) al 1996 e poi dal 2004 al 2014, partecipando a ben otto album, ed anche bassista dei Trauma, la band dove suonava il grande Cliff Burton prima di entrare nei Metallica.

Con l’aggiunta del batterista Dave O’Neal la band incide il secondo album, dal titolo ‘Ramnants of Pain’, pubblicato nel 2019.

Poi, sempre nello stesso anno, una nuova sostituzione: al posto di Dave entra Alex Marquez, infaticabile batterista con un sacco di collaborazioni sulle spalle, tra le quali un album nel 1994 con i Demolition Hammer (‘Time Bomb’) e due con i Malevolent Creation tra il 1992 ed il 1994 (‘Retribution’ e ‘Stillborn’).

A questo punto, quello che è partito come un progetto di un singolo è diventato un supergruppo, formato da vecchi leoni che si cibano di Thrash sbranadolo con insana violenza.

Powers Than Be’ è il loro nuovo album, registrato ai Trident Studios di Pacheco, California e distribuito da Punishment 18 Records.

E’ un lavoro potente ed energico, condotto dal talento del musicista meno conosciuto: la chitarra di Matt viaggia alla velocità della luce ed è su di lei che ruotano le esperienze degli altri musicisti, fondendosi con essa e poi esplodendo selvaggiamente.

I suoni sono pieni, avvolgenti ed al contempo taglienti ed irruenti, in alcuni momenti pazzi e quasi esagerati, tenuti sul filo della misura. E’ un aggressione ritmica, un martellamento dinamico e continuo che accompagna una voce determinata, graffiante e rabbiosa che sa quello che dice (i Wreck-Defy parlano essenzialmente di depressione, guerra, tirannia, del dolore causato da una perdita, della dipendenza e della rabbia, temi affrontati in modo velenoso ma anche con toni ironici e sarcastici, come se fossero uno sfogo).

I Wreck-Defy tirano alla grande ed innestano sulla loro matrice Thrash, che fonde lo stile tecnico canadese con quello della Bay Area, le loro influenze Hard Rock ed Heavy Metal, comprimendole fino a farle detonare per creare un unico sound granitico ed al contempo sofisticato.

Una ricerca relativamente personale, dunque, che però rimane agganciata alla storia degli artisti, che non rinnegano il loro passato ma lo proiettano con forza nel presente (gli insegnamenti di Annihilator e Testament si sentono, ma anche quelli di Iron Maiden e Black Sabbath).

Ha impreziosito il lavoro la partecipazione di alcuni chitarristi del panorama Heavy e Thrash americano, Gunnar  DuGrey Richardson e  Geoff Thorpe dei Vicious Rumors, Kosta Varvatakis degli Hatriot e Doug Piercy che ha suonato negli Heathen, che hanno unito i loro assoli per duellare brillantemente con Matt per dare ancora più corpo ed importanza agli spartiti.

La partenza è semplicemente micidiale: ‘Beyond H8’ è esattamente come deve essere: forte, inarrestabile, con uno scambio strofe rabbiose–refrain melodico ma tirato (scambio che viene ripetuto anche durante l’assolo da brivido) che spezza in due.

Si è prepotentemente entrati nel disco e non se ne può più uscire.

La seguente ‘Power That Be’ trascina in un vortice di velocità furente e nera cadenza, che si susseguono e si compenetrano per manifestare rabbia e dolore.

Skin’ è un assalto di cavalleria. Il tiro continuo dato dalla combinazione velocità ritmica–melodia vocale è semplicemente impressionante.

Drowning in Darkness’ e ‘Space Urchin’ tirano fuori l’anima Metal del combo, attraverso ritmi più accessibili, meno estremi ma sempre duri e robusti.

Scumlord’ è cangiante, con un continuo scambio di ritmi pesanti con altri più veloci, affronta il dolore e la rabbia di chi ha una storia malsana da raccontare.

E così via: ‘Freedomless Speech’ toglie la pelle, ‘Goodbye To Misery’ è uno scontro frontale ed ‘I Am the Wolf’ è folle ed insana.

Chiude la brevissima ‘On The Other Side’, un minuto di calma dopo la tempesta, un qualcosa di completamente diverso per uscire dal vortice.

Difetti: qualche brano è un po’ troppo lungo, cinquanta minuti di Thrash furente non sono pochi, ma ci sta.

In definitiva ‘Powers That Be’ è un album dinamico e potente, un giro su una giostra che ruota a tutta velocità. Qualche sbavatura c’è, ma queste non ne compromettono il valore. Da tenere nella nostra collezione. Grandi Wreck-Defy!

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