Recensione: Prequelle

Di Gianluca Fontanesi - 11 Giugno 2018 - 0:01
Prequelle
Band: Ghost (Swe)
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2018
Nazione:
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82

Nell’atto secondo del miglior film che mente umana abbia mai saputo concepire, il professor Alfeo Sassaroli disse: “Caso tipico di defecatio isterica: si ha la netta, chiara impressione di defecare e non esce nulla.” La ghostatio isterica potrebbe quindi essere una sindrome che induce alla netta impressione che i Ghost facciano schifo più per partito preso che altro. Che una band quasi non metal, anzi, allo stato attuale tutto tranne che metal sia riuscita nel tempo a fare breccia proprio in questo pubblico a molti ancora non va giù; l’atteggiamento in questione è comunque una scienza che abbiamo descritto nella recensione di Meliora e non è il caso di tornarci sopra. Nel frattempo però i Ghost hanno vinto un Grammy e la formazione è stata totalmente rimaneggiata con dei Nameless Ghouls freschi freschi; ovviamente ogni rockstar deve avere le sue beghe legali per il vil denaro, se no non farebbe parte del gioco, e il buon Tobias Forge si ritrova quindi a che fare con una band che lo segue e una dal conto in banca in rosso incazzata come una bestia. La cosa meravigliosa è che la creatura di quello che oggi si fa chiamare Cardinal Copia ha la capacità di nutrirsi della spazzatura per creare arte sempre migliore, e anche Prequelle va ad incastonarsi in un percorso artistico che proprio non conosce ostacoli.

Il disco è aperto da una breve intro che consiste in una sinistra nenia cantata da bambini e in grado di preparare il giusto terreno a Rats, che si rivela fin da subito una canzone killer. C’è di tutto e di più nella proposta dei Ghost, ma già dovreste saperlo: anni ’60, ’70 e ’80, ci si attinge a piene mani senza fare la rivoluzione e si tratta la materia con un songwriting di livello superiore. Il primo singolo quindi centra il bersaglio e non stanca neanche al miliardesimo passaggio, “Rats, aua-a, Rats, aua-a”, continuerete a cantare ovunque! Faith ha un incedere marziale e massiccio ed è un ottimo brano hard rock dotato di un cospicuo livello di prepotenza; il ritornello è perfetto e l’entrata a gamba tesa della chitarra solista è magistrale. C’è tempo anche per un piccolo inciso cupo e spettrale e tutto rimane a servizio del brano, che è un piacere da ascoltare e riascoltare ed è concluso da un organo che sa tanto di burla ecclesiastica. See The Light la si può considerare pop? Aor? Senza perderci troppo tempo, va detto che anche questo pezzo è praticamente inattaccabile, sia dalla parte degli arrangiamenti che dalle linee vocali che risultano sempre di facilissima presa e in grado di assuefare. Volete sapere se i nuovi Nameless Ghouls sanno suonare? Provate a sentire Miasma! Qui siamo di fronte ad uno dei migliori brani strumentali degli ultimi anni, che va sfociare nel progressive ed è strumentalmente ineccepibile. Le partiture si rincorrono, si scambiano il palco, accelerano, rallentano, e il sax di Gavin Fitzjohn verso la fine è pura libidine. Provare per credere!

La seconda parte dell’album si apre con Dance Macabre e conferma le nostre prime impressioni: ogni brano di Prequelle è un potenziale singolo che potrebbe vantare camionate di passaggi radiofonici al giorno. Quello che lascia a bocca aperta del disco è il come un’opera apparentemente a basso consumo e dalla longevità misera si riveli invece l’esatto contrario delle sue premesse! Pro Memoria è una ballad trappista che nel ritornello ti ricorda che devi morire ed è geniale, mentre Witch Image colpisce ancora nel segno risultando memorabile già in strofa ed incisi, per poi esplodere e conquistare totalmente col ritornello. Il secondo brano strumentale di Prequelle, Helvetesfönster, è forse anche il suo unico difetto in quanto non necessario. Miasma fa già un figurone e si sarebbe preferito a questo punto un’altra traccia cantata; in ogni modo non vi è nemmeno qui nulla da eccepire, c’è sempre un buon crescendo e un incedere circense che mai male non fa. Acustici e distorti fanno un buon lavoro ed è resa un’ottima atmosfera, ma in questo caso non basta. Life Eternal va a concludere la tracklist ufficiale ed è una ballad più ariosa e solare rispetto a Pro Memoria; ci si aspettava un qualcosa di più cattivo ma va comunque bene così e il finale da musical è una ciliegina sulla torta piuttosto bene riuscita. L’edizione deluxe del cd, oltre ad offrire una fichissima copertina tridimensionale, ha anche in tracklist due cover: It’s A Sin dei Pet Shop Boys e Avalanche di Leonard Cohen. Come sempre, su queste lasciamo a voi il giudizio.

Tempo di tirare le somme. Prequelle cambia le carte in tavola in casa Ghost e cambia anche il modo di suonare degli svedesi: screma ulteriormente, toglie praticamente tutto l’alone di oscurità offerto in passato e diventa un prodotto facile e solare. E’ un disco fresco, divertente e che non stufa praticamente mai; se diventerà un classico sarà solo il tempo a dirlo e non saremo di certo noi giudici in questa sede. Possiamo limitarci al presente e parlare di questo disco come un prodotto pericoloso e in grado di sparare la carriera dei Ghost verso il livello massimo alla massima velocità possibile. Commerciali? Venduti? Pacchiani? Tutto quello che volete, però discutere il talento di Tobias Forge sarebbe un falso. Questo signore sa scrivere canzoni pazzesche e con la c maiuscola con una semplicità disarmante; si nutre di critiche, polemiche, cause e marciume e trasforma tutto in arte positiva. Anche voi, che siete quelli che ascoltano 2-3 brani alla rinfusa di un album solo allo scopo di andare online a criticarlo, state ben attenti: Prequelle vi frega, vi conquista e vi convince a comprarlo con molto meno. Se c’è una cosa difficilissima di questi tempi è l’inventare uno stuzzicadenti: un piccolo oggettino al quale puoi dire ciò che vuoi ma è comunque nella bocca di tutti. Tobias Forge c’è riuscito.

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