Recensione: Primordial Arcana

Di Matteo Pedretti - 23 Agosto 2021 - 14:00

“Primordial Arcana”, il titolo del nuovo lavoro dei Wolves In The Throne Room, è già di per sé sufficiente a delinearne chiaramente i tratti fondamentali: in continuità con il passato, si basa su un suono primordiale che trae origine dalla forza di una natura selvaggia e primitiva – quella del Pacific Northwest in primis – e fa il paio con un immaginario arcano, che richiama le atmosfere di rituali antichi quanto la storia dell’umanità.

A quattro anni di distanza da “Thrice Woven”, i lupi di Olympia tornano in questo finale di estate con un disco che, uscito via Relapse Records in USA e Canada e su Century Media Records nel resto del mondo, non si distacca da quel Cascadian Black Metal che hanno in larga parte contribuito a forgiare nei primi anni del nuovo millennio; tuttavia basta un primo ascolto per rilevare alcune discontinuità rispetto al passato.

Un primo elemento di novità risiede nel ridimensionamento della durata dei pezzi, notevolmente più brevi rispetto a quelli dei capitoli precedenti della discografia dei Nostri. Inoltre in queste composizioni, accanto all’approccio atmosferico che ha reso unica la proposta della band e tracciato i canoni di un sottogenere poi seguiti da molti, emerge il ricorso a soluzioni Metal molto più dirette, in qualche modo più tradizionali, che incorporano sottogeneri come Doom e Death e che – a tratti – assumono toni epici. Rimane inalterata l’etica DIY del combo, che raggiunge ora il picco con la realizzazione, da parte dei tre, dei loro Owl Lodge Studios in cui si sono occupati in totale autonomia delle fasi registrazione, missaggio e produzione, ottenendo un suono dirompente, che passa dalla necessaria ruvidità degli assalti Black alla massima definizione delle sezioni Ambient e sinfoniche.

“Mountain Magick” apre “Primordial Arcana” all’insegna di una brutalità dai ritmi tiratissimi, che concede solo qualche stacco atmosferico e un rallentamento Doom della sezione finale: come spiega il batterista Aron Weaver, è il portale d’ingresso al mondo della magia e dei sogni. La successiva “Spirit of Lightning”, più in continuità con il back catalogue del gruppo, inizia con giri di chitarra acustica che presto lasciano spazio a una band al completo che si cimenta in una sorta di Black Folk; nel prosieguo alterna sezioni veloci, rallentamenti e aperture melodiche in cui il Folk torna a fare capolino.

In “Through Eternal Fields” e “Primal Chasm (Gift of Fire)” prevale quell’approccio più classicamente Metal a cui si accennava e, in effetti, i Wolves In The Throne Room non sono mai suonati tanto diretti. La prima procede a passo lento per gran parte della sua durata, prima di un finale maestoso in cui tastiere sinfoniche e cori melodici mettono in scena una vera e propria celebrazione della natura. La seconda è introdotta da un corno, un richiamo alla battaglia che sta per scatenarsi, combattuta a suon di grandi cavalcate dagli accenti epici e decelerazioni Doom in cui si percepisce chiaramente l’apporto di Kody Keyworth che in “Primordial Arcana” ha contribuito per la prima volta al processo compositivo.

Se con “Underworld Aurora” si torna su quei registri atmosferici più affini alle produzioni precedenti, i quasi 11 minuti di “Masters of Rain and Storm” ritornano a un’impostazione Metal piuttosto classica che integra sfuriate Black dalla notevole componente melodica e pesanti rallentamenti. A metà del pezzo un interludio di chitarra acustica accenna brevemente al Folk, prima dell’irrompere di un nuovo assalto che conduce alla chiusura. Infine “Eostre” è un passaggio Ambient delicato e trasognante, in linea con il non pienamente compreso “Celestite” del 2014, riadattamento Atmospheric/Ambient del precedente “Celestial Lineage”. Nella versione LP c’è spazio per una bonus track: “Skyclad Passage” è un altro episodio Ambient, ma con una vena Drone che lo rende decisamente cupo.

Se “Celestial Lineage” poteva vantare i contributi di Aaron Turner (Sumac, Old Man Gloom ed ex Isis) e Rundal Dunn (polistrumentista e produttore tra i più stimati nel circuito underground statunitense) e “Thrice Woven” quelli di Steve Von Till (Neurosis) e Anna von Hausswolff, in “Primordial Arcana” non figura alcun ospite di spicco, ma solo validissimi session musicians (Galen Baudhuin al basso e alla voce melodica su “Through Eternal Field” e Yianna Bekris alla chitarra acustica su “Masters of Rain and Storm”), a dimostrazione di come in questa occasione il trio abbia enfatizzato la propria – già ampiamente manifestata – propensione all’isolamento per realizzare della musica dal valore indiscutibile e unica nel panorama del Metal estremo.

In effetti “Primordial Arcana” rappresenta un unicum anche nella produzione della band di Washington. Senza snaturare il suono che li caratterizza sin dalle origini e rimanendo coerenti alla propria visione artistica, i Wolves In The Throne Room hanno qui optato per formule più immediate. Questo album, in cui il marchio di fabbrica dei lupi rimane riconoscibilissimo, pur senza alcuna velleità commerciale riesce a risultare complessivamente piuttosto accessibile e questo potrebbe consentire alla band di intercettare nuove fasce di pubblico e di raggiungere più elevati livelli di visibilità che certamente meritano.

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