Recensione: Prince Of The Tribes

Di Stefano Ricetti - 29 Giugno 2021 - 5:00
Prince Of The Tribes
Band: Reinforcer
Etichetta: Scarlet Records
Genere: Heavy 
Anno: 2021
Nazione:
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64

Copertina guerresca (rappresentato Arminio, condottiero che infinite addusse batoste alle legioni romane, nell’anno 9 nei dintorni della foresta di Teutoburgo), zona di provenienza la Vestfalia (Paderborn), età media bassa e anno di formazione 2015. Questa la mini presentazione dei Reinforcer,  con già alle spalle un Ep, The Wanderer, del 2018.

Dati i presupposti è lecito attendersi, dai questi cinque teteschi di Cermania, un bel metallone senza fronzoli e che arriva direttamente in pancia, con effetti benefici, of course.

L’apertura siglata da “Prince of the Tribes” è solenne, come da copione, ma quello che poi manca è il nervo per sorreggere l’intera impalcatura dello stesso brano. Logan Lexi, il cantante, non è di sicuro il novello Ralph Scheepers e, fra un passaggio e l’altro, iperscontato, la title track finisce per non impressionare. Nel 2021 per poter in qualche modo entrare stabilmente nella capoccia della gente, anche se ben disposta e dall’attitudine ultra-defender, ci vuole decisamente di più.

Qualche barlume, invero, lo si scorge in alcuni dei passaggi successivi: “Black Sails”, di scuola Running Wild, “Thou Shall Burn” diretta, sanguigna e veloce, per finire con la ballata in stile Iron MaidenZ32”, ove i teutonici danno il meglio, forse perché non obbligati a “tirare” per forza. Buoni episodi, ma non bastano per spiccare per davvero il volo. Ai Reinforcer serve inspessire la carica di violenza che certamente possiedono, vista l’attitudine, e metterla pienamente a terra, così come Logan Lexi abbisogna di un po’ di malizia in più per esprimere al meglio il potenziale del quale è dotato.

Fiducia quindi a Lasse Schmiedel (batteria), Tobias Schwarzer (chitarra), Logan Lexi (voce), Marvin Fretter (basso) e Niclas Stappert (chitarra), affinché col tempo trovino quel secret of steele che potrebbe permettere loro il salto di qualità necessario per poter emergere dalla massa, sempre sufficientemente affollata, di nuovi virgulti dediti all’Acciaio tradizionale. “Prince of the Tribes”, in fondo, è solamente il loro primo tassello su full length, di strada davanti ce n’è parecchia e il tempo per migliorare non mancherà. Il disco, griffato Scarlet Records, si accompagna a un libretto di sedici pagine con tutti i testi, una bella foto della band nelle due centrali e i primi piani dei vari componenti inframezzati fra una canzone e l’altra.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

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