Recensione: Razorhead

Di Stefano Ricetti - 21 Ottobre 2008 - 0:00
Razorhead
Band: Marshall Law
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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76

Le strade del metallo sono lastricate di band che hanno non hanno mai raggiunto la sospirata visibilità, pur avendo realizzato degli album interessanti. Una di queste è senza dubbio rappresentata dagli inglesi Marshall Law, formatisi nel 1987 in quel di Birmingham e autori, dal 1989, di una manciata di dischi, fra Ep, Live e full length. Della line-up originale, quella che diede la luce al debutto omonimo Marshall Law (1989), sono rimasti il singer Andy Pyke, già veterano della Nwobhm con i Detroit – autori di un ricercatissimo demo nel 1983 – e il chitarrista Dave Martin. Se la sorte non ha mai sorriso più di tanto in termini di vendite ai Nostri, di certo non sono però mancate le soddisfazioni dal vivo, non ultime la presenza al Wacken e il concerto al sempre più importante, in Inghilterra, Bloodstock Festival, nel 2006.

Il nuovo Razorhead, quindi, nove anni dopo, dà un seguito all’ultimo full length di inediti realizzato dagli albionici – Warning From History – , non calcolando la compilation/best of Power Crazy, del 2002, e costituisce il primo lavoro senza l’apporto della seconda storica ascia Andy Southwell, fuoriuscito dalla band un paio di anni fa.           

Ben quindici brani per settanta minuti di durata sanciscono il ritorno sulle scene dei Marshall Law che, da buon gruppo nato discograficamente appena prima dell’inizio degli anni Novanta, propone un heavy metal di stampo classico ma non troppo, tanto che Razorhead può tranquillamente piacere tanto ai nostalgici delle sonorità immortali degli Eighties come agli amanti di quell’HM proposto da band come Seven Witches, Brainstorm, Morgana Lefay e Angel Dust, talvolta – in generale – venato di residualità Power.

La vena ortodossa imposta dalla coppia Pyke/Martin ovviamente pesa come un macigno ma, probabilmente, la new entry Dave Rothan ha apportato al suono del combo inglese la giusta dose di freschezza compositiva. Eccellente, peraltro, la sezione ritmica composta da Tom Dwyer al basso e soprattutto Steve Hauxwell, che martella quanto basta rendendo molto potente l’assalto frontale globale del prodotto. All’interno di un songwriting generale ticchiolato di excursus Darkeggianti ed eroici spicca il mid tempo Night Terror, dove inserti melodici vanno a braccetto con riff pesanti come il piombo, così come nella successiva The Chamber la fanno da padrone le influenze legate ai Judas Priest più oscuri. Si, proprio la band di Ian, KK e Glenn, che in passato più volte veniva citata dai critici per definire sommariamente il sound dei Marshall Law. Intrigante l’agrodolce Nothing Lasts Forever, l’iperclassica Blood and Pain – dall’assolo mozzafiato – e la devastante Hell on Earth, dal coro gentile fatto apposta per essere urlato a pugni chiusi verso l’alto. Chiude il lavoro Necromancer, un mix tra i Savatage più tenebrosi e gli Accept dei tempi d’oro, per via del chorus maschio.                       

Da sottolineare la prova di livello regalata da un vecchiaccio terribile come Andy Pyke, capace di passare da tonalità celestiali a onde d’urto degne dei migliori interpreti moderni in un disco che, anche se di certo non farà gridare al miracolo, gronda riff granitici e si fregia di non avere nessun filler di rilievo al proprio interno.   

Stefano “Steven Rich” Ricetti

Tracklist: 
1. The Summoning  
2. Razorhead  
3. Premonition  
4. Headtrap  
5. Gods Of Deception  
6. Night Terror  
7. The Chamber  
8. Divides Us  
9. Nothing Lasts Forever  
10. Devil’s Anvil  
11. Blood And Pain  
12. Another Bullet  
13. Bloodlines  
14. Hell On Earth  
15. Necromancer  

Line-up:
Andy Pyke – Vocals
Dave Martin – Guitar
Dave Rothan – Guitar
Tom Dwyer – Bass
Steve Hauxwell – Drums

 

 

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