Recensione: Resound The Horn

Di Keledan - 25 Giugno 2002 - 0:00
Resound The Horn
Band: DoomSword
Etichetta:
Genere:
Anno: 2002
Nazione:
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98

Incuranti del music-business, delle mode, dei trend, questi misteriosi bardi d’acciaio hanno sfornato un disco destinato ad essere annoverato tra i capolavori della storia della musica metal.
Resound The Horn è heavy metal epico e oscuro, di una potenza e una capacità evocativa impressionante.
Doomsword è un gruppo capace di inanellare sette pezzi da urlo in un solo album, prodotti ottimamente e confezionati in uno splendido digipack. A dimostrare che nulla è stato lasciato al caso, basti guardare l’immagine appena delineata in terza di copertina, che scommetto alcuni riconosceranno, e i testi impaginati modello racconto, a caratteri gotici su pergamena. Poco leggibili, ma di sicuro effetto!

Eredi ideali di band quali Warlord, Omen, Cirith Ungol, i primi Manowar e i Bathory di Hammerheart e Blood On Ice, i Doomsword si propongono al pubblico con un secondo album che, per diversi punti, risulta parecchio diverso dal primo lavoro.
Innanzitutto c’è stato un cambio alla voce: Guardian Angel, tecnico e teatrale cantante di scuola chiaramente Dickinson – Marcolin ha lasciato il posto a Deathmaster, che è passato dalla chitarra al microfono.
Anche se probabilmente Deathmaster rende parecchio in tecnica al vecchio singer, conferisce una tale passione ai suoi pezzi da farmi credere che nessun altro avrebbe potuto fare meglio. Inoltre, la cantata rude e graffiante di DM, conferisce al gruppo un sound molto più cattivo ed epico rispetto al primo album.
Una seconda novità sta nelle tematiche trattate, si è passato dal fantasy alla storia, e che storia. Si svaria dalle saghe vichinghe, a quelle dei celti, ai misteri iniziatici del Medio Evo, a denotare l’ottimo background culturale dei compositori DeathMaster e The Forger.

I pezzi meritano di essere esaminati ad uno ad uno, a partire dalla epicissima e doom (poteva essere altrimenti?) Shores Of Vinland, che narra la traversata di Leif Ericsson verso la scoperta delle terre del nord america. Trascinante, intensa, maestosa, ascoltatela e fatemi sapere.

Onward into battle è un anthem di tale potenza guerriera che avrebbe convinto perfino Gandhi a brandire uno spadone, di gran scuola, riff di chitarra semplici ed incisivi e bridge e coro da urlare alla morte. Anche in questo caso, quale migliore prova dell’ascolto?

The Doomsword è l’unico pezzo fantasy del cd, ideale continuazione del discorso iniziato con l’intro del primo album e in assoluto il brano più doom e oscuro, probabilmente il più pesante da digerire per chi non va d’accordo con il mood tanto caro a band quali i Candlemass e i primi Sabbath.

MCXIX è incentrata su uno dei più grandi misteri del Medio Evo, che ha fatto dannare tanto gli storici quanto gli esoteristi. Colpisce per le sue melodie arabeggianti, ci vuole un po’ per digerirle, ma vi assicuro che comprendendo appieno il significato del brano, verrete a dir poco coinvolti.

For those who died with swords in hand è il pezzo meno doom e più heavy anni 80 del lotto, caratterizzato da un sound che ricorda certi pezzi dei vecchi Manowar, tributati nel testo.

La celtica The youth of finn Mac Cool è caratterizzata da un inno grandioso, che rimane impresso a fuoco sin dal primo ascolto, di quelli che ti ritrovi a cantarli senza accorgertene. Probabilmente il pezzo più immediato, e sicuramente uno di quelli che appena finiti si riascoltano all’istante.

Resound The Horn: Odin’s hail chiude l’album con cavalcata epica densa di tanto di quello spirito vichingo da far impallidire Quorthonn. E da far pensare seriamente ad un album concepito da scandinavi, piuttosto che da abitanti del bel paese. Un arpeggio nella parte centrale introduce ad uno stacco condito di suoni di battaglia, arti mozzati, urla, spade che cozzano, che mi ricorda la parte centrale di Amon Amarth (Once Sent From The Golden Hall – Amon Amarth).

A mente fredda, con 2 mesi di ascolto alle spalle, credo che possa permettermi parlare di capolavoro. Un album stupefacente, oscuro, che coinvolge, emoziona, ricco tanto nella musica quanto nei testi. Una grande prova, per un gruppo che entra di diritto nel novero delle cult band e che sputa sul music biz.
In poche parole: if you want True Metal… you’ve got it!

Voto: 98

Roberto “Keledan” Buonanno

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