Recensione: Return Of a King

Di Stefano Ricetti - 28 Luglio 2010 - 0:00
Return Of a King
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Anno: 2010
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81

Irlandesi, nati nel 1996 per volere del cantante/chitarrista James Kelly e con all’attivo un solo album ufficiale – Unleashed, del 2004 – dopo svariati demo tape, gli Steel Tormentor approdano al secondo capitolo discografico della carriera avvalendosi del produttore Nick Savio, vecchia conoscenza dell’HM italico per via dei suoi onorati trascorsi nei White Skull. Return Of a King è il titolo del disco, che si compone di sole otto tracce per 44 minuti di durata, come si era usi fare una volta per questioni legate ai margini dello spazio fisico a disposizione su vinile. Pressoché relegati alla sola Gran Bretagna e alla stessa Irlanda per quanto attiene le date singole live, i Nostri vantano  comunque apparizioni al Bloodstock Metal Festival e all’Up The Hammers greco, oltre ad aver suonato di supporto a gente come Saxon, Cauldron e Twisted Tower Dire.

Ghost Of Avalon funge solamente da apripista alle bordate di classic HM fornite con assoluta soluzione di continuità da Evil Coming, brano veloce e massiccio, dove il lavoro delle chitarre è ben bilanciato con la sezione ritmica. In questo senso davvero pregevole il drumming di Kevin Ryder, che spazia onorevolmente dalle parti usuali alle incursioni in doppia cassa. I limiti vocali palesati da James Kelly risultano certezze nella successiva Armageddon anche se va sgombrato il campo da eventuali fraintendimenti: il Nostro è semplicemente un “normale” cantante, che talvolta mostra la corda all’interno dell’impianto-canzone degli Steel Tormentor, in questi primi due episodi molto vicino agli Iron Maiden, quindi necessitante di un fuoriclasse dietro al microfono per poter esprimere al meglio il proprio potenziale.

Warrior è straclassica nell’incedere, con un riffing che, se definito come archetipo dell’heavy metal  classico, non fa di certo incorrere nella blasfemia ma che proprio in virtù di questo colpisce diretto al cuore. Notevolissime le influenze dei grandissimi e mai troppo rimpianti Running Wild per quanto attiene struttura e sviluppo del pezzo, con il buon James a fare il verso a Rock’n’Rolf nell’intonazione. Incorporato, un coro da excalibur al cielo con i polmoni squarciati verso la gloria:  roba da sfracelli dal vivo. Intrigante la parte melodica a due minuti dal termine, con ottime linee di basso e pathos da vendere. Da rimarcare la piena incastonatura del cantato di Kelly per l’occasione, evidenziando che il Nostro paga dazio solo lassù dove osano le aquile, mentre risulta accettabile in ambiti più “umani”.       

Soul Stealer si apre con e vive di ortodossia metallica fino al midollo, facendosi carico del titolo scandito a mo’ di chorus e beandosi di chitarre affilate come le lame di un rasoio appena passato sotto le grinfie di un “muleta”. Ancora una volta, perentoria, aleggia sui quattro irlandesi l’ombra dei bucanieri di Amburgo, anche se gli Steel Tormentor al netto risultano più solari, nell’esposizione, dei tedeschi. Into The Black ha il potere di materializzare un’orda di cavalli al galoppo direttamente all’interno del display dello stereo alternando l’incedere delle asce a piacevoli momenti di melodia e la lunga Return Of a King sgombra, semmai ce ne fosse il bisogno  e a suon di mazzate, l’atmosfera ariosa fino a questo momento respirata durante l’ascolto del disco per sterzare verso il versante epico dell’HM, con un singer a suo agio all’interno delle partiture recitate dei primi minuti, prima dell’interruzione provocata dalla colata lavica originata dalla deflagrazione delle chitarre, a mo’ di mannaia. Ritmiche serrate, velocità, basso che pompa, cambi di tempo Maideniani e Kelly nella variante acido/ombrosa che colpisce nel segno. Headbanging di gusto fino al termine garantito: davvero roba da collarino dopo i 13 minuti di durata. Chiusura protocollare del disco sulle spalle di Warrior in versione single edit, che nulla aggiunge né toglie alla release, dopo tanta siderurgia applicata.           

Return of a King è l’esempio vivente di come certa musica non morirà mai, non abbisognando assolutamente di contaminazioni improbabili e fuori contesto per sopravvivere. Finché band come gli Steel Tormentor – e tutti gli altri act defender di lignaggio, sia chiaro – continueranno a martellarci imperterriti e bellamente i timpani a ‘sta maniera, l’HM classico oltre a dettare continuamente legge saprà reinventarsi affinché tutto cambi perché tutto debba rimanere come prima.    

Stefano “Steven Rich” Ricetti

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Tracklist:
1. Ghost Of Avalon
2. Evil Coming
3. Armageddon
4. Warrior
5. Soul Stealer
6. Into The Black
7. Return Of A King
8. Warrior (single edit)

Line-up:
James Kelly – Vocals/Guitar
Norman Rafter – Guitar
Kevin Ryder – Drums
Paul Newell – Bass

 

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