Recensione: Revel In Bloodshed

Di Matteo Bovio - 3 Settembre 2004 - 0:00
Revel In Bloodshed
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Anno: 2004
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80

Sconcertante… si sciolgono i Sinister e automaticamente questi Infinited Hate, nati come side-project, ne proseguono il discorso. La line-up è quasi identica ma a lasciar veramente perplessi è che il sound è esattamente quello di Savage Or Grace. Ma accantonato il dubbio sul significato dello “scioglimento” resta un altro quesito da risolvere, molto più gradevole: qualcuno ancora si aspettava tanto da questa formazione? Ho sempre adorato la band olandese ma gli ultimi lavori non riuscivano secondo me a rievocare la grandezza propria di dischi come Hate o Cross The Stix. Eppure questa volta siamo arrivati veramente a un passo dal colpaccio, grazie a un disco che appartiene al 2004 come potrebbe appartenervi la tv in bianco e nero…

L’approccio questa volta è più ragionato. Non che il gruppo rinunci all’irruenza; ma viene recuperata dal passato quella grande capacità di dare un certo senso al riffing. Sfuriate ben accette dunque, seppur in maniera mirata. E per raggiungere l’obiettivo la partecipazione è totale, a partire da Rachel alla voce: continuo a sostenere imperterrito che vengano usati filtri sul suo cantato (certe timbriche sono veramente impensabili da riprodurre senza ausilio di effetti), ma questo non toglie granchè al gran lavoro svolto. Lungi dal rimanere monocorde cerca di proporre diverse soluzioni, ottenendo il duplice effetto di dare mobilità alle canzoni e di interpretare l’evolversi dei vari contesti.

La cosa accattivante di questo Revel In Bloodshed è il modo in cui viene ripresa la malvagità di monumenti come quello che fu Hate; ancora una volta il Death Metal che punta oltre alla violenza pura. Le due correnti si incrociano alla perfezione in “Chaos Called Underworld“, con gli appropriati cambi di tempo di Aad Kloosterwaard a sottolineare lo scivolare dall’una all’altra. Ma è ingiusto sottolineare una sola traccia, perchè questa volta siamo di fronte ad un album completo: ogni episodio ha una sua peculiarità, e ognuno potrebbe diventare tranquillamente il vostro preferito del platter. Non vi sono cadute di tono, ogni canzone si assesta su un livello qualitativo medio alto, e mostra una particolare prospettiva del Death Metal oscuro degli Infinited Hate.

I limiti ci sono, eccome. In particolare per quanto riguarda la scelta dei suoni. Ancora una volta siamo davanti ad un pessimo suono di batteria. E anche per quanto riguarda il resto non si può certo dire che i nostri abbiano optato per ottime soluzioni. Gli ultimi Sinister avevano prodotto album con suoni decisamente inferiori rispetto al passato; più particolari, su questo non ci piove, ma anche meno “gradevoli”. Sembra che questo fardello sia stato passato in eredità ai nuovi Infinited Hate, dunque non ci resta che farcene una ragione.

Quando ogni fan dei Sinister credeva di poter abbandonare la speranza, ecco piovere dal cielo un Cd semplicemente spettacolare. Almeno per chi abbia seguito la band olandese con una certa tenacia. Come non mi stancherò mai di ripetere, questo Revel In Bloodshed rappresenta quell’album che i Sinister hanno cercato (e mancato) con gli ultimi due episodi della loro carriera. Meglio tardi che mai, direbbe qualcuno.
Poi c’è da pensare anche a chi se ne frega altamente dei trascorsi di questa formazione. Bè, gruppi che pescano nella tradizione europea più malata non sono molti; non sarebbe onesto spacciarlo come un album per tutti, ma quando mai il Death Metal, questo tipo di Death Metal, lo è stato? Ma se cercate attitudine, dedizione, coerenza, sonorità ruvide e cattiveria… accomodatevi.
Matteo Bovio

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