Recensione: Ride the Lightning

Di Matteo Lavazza - 23 Marzo 2003 - 0:00
Ride the Lightning
Band: Metallica
Etichetta:
Genere:
Anno: 1984
Nazione:
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95

Nostalgia….è questo il sentimento che provo riascoltando adesso i vecchi dischi dei Metallica, nostalgia per quello che questa band ha rappresentato per il Metal e per quello che avrebbe potuto diventare se i 4 cavalieri non fossero impazziti completamente.
Dopo aver travolto l’audience metallica mondiale col primo album, dotato di una carica e di un energia tanto grezza quanto efficace, i Metallica ritornarono sulle scene con questo “Ride the Lighting”, un album dove il gruppo mostrava che nel Thrash era possibile un evoluzione intelligente senza per questo snaturare lo stile di base, grazie ad una maturazione tecnico-compositiva davvero impressionante.
Il disco viene aperto da quella che è la canzone più in linea con quello che si era sentito su “Kill ‘em All”, ovvero “Fight Fire with Fire”, una Thrash song ruvida ed aggressiva, ma è con la seguente “Ride the Lighting” che i Metallica hanno dimostrato di essere davvero in grado di salire di livello, grazie ad una fantasia notevole nello sviluppo della canzone, con dei riff davvero spettacolari e piazzati sempre al momento giusto.
Il platter è davvero un susseguirsi di classici, da “For Whom the Bell Tolls, il cui riff è diventato uno dei più famosi al mondo, almeno per quello che riguarda il nostro genere, a “Fade to Black”, una power-ballad davvero maestosa nel suo incedere dove i 4 Horsemen dimostrano di essere in grado di comporre delle belle cose senza bisogno di picchiare sempre come dannati, fino a “The Call of Ktulu”, quasi nove minuti di strumentale da brividi, dove i Metallica non solo sfoggiano ottime capacità tecniche, ma riescono anche a rendere estremamente piacevole un brano strumentale, cosa secondo me molto difficile.
Un capitolo a parte lo merita sicuramente “Creeping Death”, uno dei capisaldi del movimento Thrash, con riff monumentali, break assassini e una melodia mai di facile ascolto ma azzeccatissima. Da notare come per questo brano, e in particolare per lo stacco centrale, i Metallica abbiano avuto parecchi problemi con i concittadini Exodus, ex band di Kirk Hammet, visto che quella parte faceva parte di un brano proprio degli Exodus intitolato “Die by my Hand, presente sul loro primo demo.
Purtroppo la resa del disco è, almeno secondo me, in parte condizionata da due brani non esattamente all’altezza della situazione come “Trapped Under Ice” ed “Escape”, canzoni piuttosto anonime, tanto da dare l’impressione di essere state messe lì solo per riempire lo spazio che avanzava.
Tecnicamente la band è davvero su ottimi livelli, anche se solo il mai troppo compianto Cliff Burton riesce davvero ad imporsi per personalità e capacità tecniche sicuramente al di sopra della media. La nota sicuramente più positiva è il fatto che tutti i musicisti non cercano di dimostrare la loro bravura strumentale, ma mettono a disposizione delle canzoni le loro qualità.
La produzione è ottima, pensando ovviamente all’anno di uscita del uscita, grezza al punto giusto per far risaltare l’aggressività dei pezzi e pulita quando serve.
È davvero un peccato che i Metallica non esistano più, dopo 4 album grandiosi avrebbero potuto dare ancora molte soddisfazioni a noi metallari………dite che esistono ancora, ma siete sicuri che il gruppo che porta il nome Metallica adesso sia lo stesso che ha inciso un disco davvero fantastico  come questo? Io faccio finta che sia un’altra band, pensare che siano gli stessi mi fa male al cuore……..

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