Recensione: Rise Above It All

Di Alberto Franco - 31 Luglio 2013 - 20:08
Rise Above It All
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Anno: 2013
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70

Provenienti da Eskilstuna, in Svezia, i Days Of Anger sono un trio al suo secondo full-length, pubblicato dalla nostrana Coroner Records. Rispetto al loro debutto “Death Path”, questo “Rise Above it All” è decisamente più maturo da tutti i punti di vista: songwriting, produzione, esecuzione dei brani. La loro proposta consiste in un thrash fortemente influenzato dai conterranei The Haunted, con leggere inflessioni Metalcore e Melodic Death svedese. Pur suonando un genere spesso soggetto ad imitazioni prive di personalità, i Days Of Anger non rischiano di incappare in tale ostacolo, forti di un discreto tasso tecnico messo al servizio di un songwriting mai scontato, seppur non sempre impeccabile.

La scaletta dell’album alterna brani veloci e dotati di un gran tiro, dove la band fa sfoggio delle sue migliori qualità, a episodi maggiormente ragionati, i quali non sempre però godono del giusto mordente. Al primo gruppo appartiene la titletrack posta in apertura, pezzo breve e conciso che lascia pochi superstiti, e “Hellride”, sicuramente tra le migliori del lotto, dotata di un ottimo riff portante, supportato da un’implacabile sezione ritmica. Vale la pena di spendere due parole in favore del batterista Kristian Huotari, il quale offre una prestazione decisamente fuori dalla media. Quando il gruppo decidere di premere sull’acceleratore, è lui a dettare il tempo con precisione ed aggressività, doti imprescindibili per un batterista thrash. “A Case of Insanity” è un intelligente mix delle due anime della band sopra descritte. Vengono alternate strofe caratterizzate da un groove furioso a ritornelli più lenti. Interessante il fraseggio fra basso e chitarra a metà brano, che può richiamare vagamente agli ultimi lavori dei Machine Head. In questo brano le linee vocali di Alex Jonsson risultano efficaci e si adattano bene tanto alle parti veloci quanto a quelle lente, alternando un ottimo scream ad un cantato maggiormente melodico, che a tratti ricorda Phil Anselmo. In altri brani più cadenzati, invece, la band fatica a trovare il quid necessario a evitare che l’ascoltatore perda l’attenzione. Si prendano ad esempio “Filled of Hatred” o “Silent Asylum”: non si tratta di canzoni di per sé brutte, ma semplicemente possiedono riff piuttosto banali, per non dire inutili, che non riescono a far breccia. Nota di demerito in particolare per “BowYour Head Down”, la quale oltre a riscontrare i difetti sopra elencati, pecca di un testo davvero troppo banale e prevedibile. “Days Of Anger” risulta invece decisamente più riuscita, merito anche di una gradevole introduzione di chitarra pulita e voce. Altrettanto si può dire per “Nothing Can Bring Me Down”, dove finalmente i giri di chitarra sono all’altezza della situazione, unica pecca l’eccessiva durata ed un ritornello troppo ripetitivo.

Proprio a causa della presenza di qualche pezzo sottotono, l’album presenta alti e bassi, ma fortunatamente la qualità media risulta sempre piuttosto alta e la disposizione dei brani, a conti fatti, si rivela piuttosto intelligente, grazie ad una continua alternanza di momenti veloci ad altri più riflessivi. Sicuramente eliminare due o tre tracce dalla tracklist avrebbe giovato all’economia del disco, in termini tanto di qualità quanto di minutaggio, leggermente eccessivo per un album thrash.

“Rise Above it All” ci consegna una band molto maturata rispetto al suo predecessore, con le carte in regola per sfondare. Sfortunatamente l’inesperienza si fa ancora sentire e i passi falsi sono più d’uno, ma per il momento mi sento di promuovere la band, aspettando il terzo album per la definitiva maturazione di un sound piuttosto originale e accattivante.

Alberto “80’s Thrasher” Franco

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