Recensione: Roll Back
Dreamhunter vuol dire heavy/prog metal. Su questo assioma si basa il secondo lavoro della band bresciana, autrice nel 2006 dell’ancora acerbo The Hunt Is On. Oggi il quintetto si ripresenta sulle scene a 5 anni di distanza con Roll Back, lavoro che segna una netta evoluzione stilistica verso lidi sempre più legati al progressive di matrice Queensryche con riferimenti anche a quanto fatto dagli Shadow Gallery.
Tali premesse portano a considerare il fatto che ci troviamo di fronte ad un disco di notevole fattura, studiato nei minimi particolari per poter esprimere emozioni attraverso strutture complesse e mai uniformi. Attenzione, tutto questo, però, non sprofonda mai nel fattore noia, ma culla l’ascoltatore in un incedere cadenzato e ricco di pathos, dote caratterizzante dell’intero ventaglio di brani che compongono Roll Back.
Partendo con l’ascolto del disco, ci si trova subito di fronte ad un lotto di pezzi fortemente legati tra loro ed impossibili da decontestualizzare. Questo serve a far comprendere che non è pensabile farsi un’idea del discorso intrapreso dai Dreamhunter senza ascoltare il loro nuovo disco per intero. Come esempio basti prendere ad esempio la titletrack, portatrice di un prog metal di gran classe, complesso ed intricato ma che riesce a non perdere mai il filo del discorso, oppure episodi più accessibili come The First Time I Met Her, brano meno ostico e ben riuscito, anche se ben lungi dall’essere lineare.
Roll Back sorprende anche e soprattutto per la varietà stilistica presente al suo interno, la quale però viene miscelata in dosi corrette e non compromette l’omogeneità dell’album. Caso lampante è The Middle, pezzo ricco di groove e dall’incedere quasi funky, ma è con Try Again che si raggiunge l’apice di questo discorso visto che tale canzone ha un incipit fortemente legato al thrash metal più intransigente e poi si sviluppa in una ballad molto fantasiosa intervallata da momenti più duri.
Insomma, i Dreamhunter riescono ad unire diverse anime della musica pe(n)sante: dall’heavy metal al prog metal passando per il thrash fino al rock progressivo di stampo anni ’70. Il bello è che tutto questo riescono a farlo con disinvoltura, quasi senza mostrare alcuna fatica e questo è un pregio che raramente si può riscontrare in una band giovane con poche uscite alle spalle.
Volendo, però, tornare coi piedi per terra, va detto che Roll Back non è un disco esente da difetti: i suoni scelti generano un po’ di confusione, soprattutto per quanto riguarda le chitarre distorte che, talvolta, risultano caotiche ed impastate. Oltre a questo c’è anche da segnalare una pronuncia dell’inglese da parte di Michele Gusmeri che andrebbe in alcuni casi rivista. In un lavoro i cui dettagli sono curati in maniera così maniacale probabilmente ci si poteva aspettare ancora qualcosa di più.
Concludendo, il secondo disco dei Dreamhunter è un gioiellino a cui manca poco per entrare di diritto nell’elenco dei capolavori, per cui i fan del metallo pe(n)sante avranno, speriamo, di che gioire se i livelli si manterranno così alti anche sul prossimo disco e verranno corrette quelle piccole imperfezioni che caratterizzano Roll Back. Tocca ora al quintetto bresciano darsi da fare in questo senso, ma c’è da aspettarsi che manterranno le premesse finora mostrate.
Andrea Rodella
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Tracklist:
1 – My Beginning
2 – The Night I Left
3 – Roll Back
4 – Superstition
5 – The First Time I Met Her
6 – The Middle
7 – Honest World
8 – New Chance
9 – Try Again
10 – Memories of the Hunter
11 – Small Gods
12 – Sunshine
Durata: 56:48 min.
Lineup:
Michele Gusmeri – Vocals
Andrea Gusmeri – Guitar
Emanuele Bresciani – Guitar
Andrea Verginella – Bass
Federico Loda – Drums