Recensione: Rotten Light

Di Alessandro Calvi - 26 Dicembre 2011 - 0:00
Rotten Light

Seguiamo i modenesi Laetitia in Holocaust fin dal 2004, dal quel “A Slow Apocalypse” che ce li fece conoscere e apprezzare. Ora, a due anni da quello che potremmo definire l’esordio discografico (anche se l’album era autoprodotto) con “A Tortoise Boat”, tornano a farsi sentire con questo nuovo “Rotten Light”. Prima ancora di infilare il CD nello stereo, almeno per quanto riguarda l’accompagnamento grafico (a base di illustrazioni del Dorè mescolate a disegni surreali e foto decadenti), ci sentiamo di dire che i fan del gruppo non rimarranno delusi.

Tocca a “Dialogue with the Sun (White Lions Rising)” aprire le danze e fin da subito ci accorgiamo che non è nelle intenzioni dei Laetitia in Holocaust rendere le cose facili all’ascoltatore occasionale. Un lungo passaggio con alcuni suoni ovattati su cui spiccano i ringhi e i ruggiti di alcune fiere, prima di udire finalmente la comparsa della voce e degli strumenti, fa da incipit al brano più lungo del disco. Una canzone che vede svariate anime agitarsi al proprio interno, composta come è da momenti prettamente d’atmosfera e pezzi campionati che si alternano e mischiano con chitarre distorte, voce growl recitata, chitarre acustiche e sussurri.
Una traccia complessa, decisamente non facile, che posta in apertura di disco sembra rappresentare quasi una dichiarazione d’intenti da parte dei musicisti riguardo la natura sperimentale della loro proposta musicale.
Si erano già avuti degli accenni in passato riguardo a una evoluzione in questo senso e già il precedente “The Tortoise Boat” aveva segnato un deciso passo in avanti nel distaccarsi dal black più canonico che aveva contraddistinto gli inizi del gruppo. In quel caso si era scelto di rinunciare completamente alle chitarre distorte, qui non viene fatta una operazione simile, anzi sembra che l’intenzione sia piuttosto quella di recuperare alcuni elementi prettamente black per mutuarli con nuove influenze, in particolare dall’ambiente dark e più atmosferico.
Il risultato sono sette brani decisamente fuori dagli schemi, con molti cambi di ritmo tra uno e l’altro, ma anche all’interno della stessa canzone. Indubbia è, dunque, la voglia di sperimentare, di risultare originali seguendo nuove strade o sentieri conosciuti, ma poco battuti. Una attitudine che non possiamo che apprezzare e applaudire, tanto che verrebbe quasi naturale e istintivo voler chiudere un occhio su certi errori e passi falsi, quando fanno parte di percorso di evoluzione e crescita così particolare. Purtroppo non faremmo un favore alla band né, tantomeno, al lettore, se non mettessimo in luce sia i pro che i contro di questo “Rotten Light”. Non possiamo, quindi, esimerci dal notare come tutta questa sperimentazione non è sempre sorretta da una altrettanta chiara visione d’insieme. Alcuni brani sembrano un po’ composti di tanti pezzi separati, per quanto ben arrangiati insieme, al punto da sembrare più patchwork di idee avute in momenti diversi che vere e proprie canzoni. A volte, poi, questo sfoggio di capacità compositiva sembra un po’ fine a se stesso e, invece di creare atmosfera, finisce piuttosto per risultare ridondante e al limite del noioso (vedasi, ad esempio, la lunga “Le Perdu du Novembre”).
Sperimentare significa provare cose diverse, che possono funzionare o meno. Non è un procedimento lineare, ma a balzi: alcuni avanti, altri indietro. In quest’ottica è sicuramente più semplice e logico inquadrare tutta la discografia dei Laetitia in Holocaust e, al contempo, le sette tracce di questo CD con i suoi alti e bassi, i suoi punti di forza e debolezza.

Come si diceva in apertura, “Rotten Light” è un disco non facile, proprio perchè estremamente eterogeneo e variopinto. Numerosi sono gli ascolti che si richiedono perchè si sveli completamente, mostrando un suo indiscutibile fascino intrinseco. Tanti passaggi nello stereo, però, portano con sé la consapevolezza non solo dei punti di forza, ma anche delle ombre che, a un ascolto superficiale, sarebbero passate inosservate. Vantaggi e svantaggi di una scelta coraggiosa. Speriamo che i Laetitia in Holocaust continuino sulla strada intrapresa: la loro ricerca di un sound personale e la voglia di continuare a sperimentare sono sicuramente meritevoli di un applauso.

Tracklist:
01 Dialogue with the Sun (White Lions Rising)
02 Black Ashen Aurora
03 Le Perdu du Novembre
04 Ascension to Cursed Waters
05 Sulla Soglia dell’Eternità
06 Sons of Ice
07 The Inaccessibile Door

Alex “Engash-Krul” Calvi