Recensione: Ruiner

Di Stefano Usardi - 14 Settembre 2022 - 8:54
Ruiner
Band: Vredesblod
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2022
Nazione:
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60

Tempo di debutto per gli svedesi Vredesblod che, ad un anno dalla formazione, pubblicano il qui presente “Ruiner”. La formula musicale prende forma nel calderone del classico heavy metal, anche se in questo caso i nostri preferiscono mescolare vecchia scuola e nuove correnti per prendere le distanze dalla concorrenza e, per non farsi mancare niente, guarniscono il tutto con testi in un particolare dialetto svedese, lo skånska. Il risultato è un lavoro particolare e per certi versi anche intrigante, dotato di un taglio personale dato dalla mescolanza di un heavy quadrato con un senso dell’epica e del pathos tipicamente norreno, più evidente durante i cori (“Det Kalla Stålets Löfte”) o nell’uso di certe melodie. Ciò, unito a un’impostazione vocale particolare e all’uso del dialetto, plasma una musica che, pur mantenendo un’impostazione prettamente heavy, strizza l’occhio a un folk burbero e molesto.

Sulla carta l’idea è abbastanza piccante da suscitare curiosità, ma purtroppo è la messa in opera che non sempre si rivela all’altezza delle aspettative. Nonostante una struttura solida e compatta, infatti, “Ruiner” manca a mio avviso dell’ultimo passaggio, quell’intuizione che doni alle canzoni una loro memorabilità: i Vredesblod partono molto bene ma perdono fiato al proverbiale ultimo chilometro. I ritmi si mantengono quadrati e solidi per tutto l’album e sorreggono melodie interessanti, con cambi di tono che lasciano presagire l’arrivo della zampata che coroni il tutto, eppure al termine del pezzo sembra sempre che sia mancato qualcosa. Non aiuta – ma questo è un limite mio, lo ammetto serenamente – la resa vocale così scorbutica e ragliante di Magnus, che sebbene in un metallo di questo tipo normalmente funzioni alla grande mi ha fatto storcere il naso in un paio di occasioni.

Qualche momento più avvincente si trova – come ad esempio l’arcigna “Där Inget Andas”, il cui ritornello mi è entrato in testa subito e che ogni tanto mi ritrovo a canticchiare anche ora, a giorni di distanza – ma in linea di massima direi che la vera pecca di questo “Ruiner” è proprio data da un tasso di coinvolgimento piuttosto basso.

Tirando le somme, ritengo “Ruiner” un debutto piacevole ma riuscito solo in parte: i Vredesblod confezionano un lavoro in cui si intravedono le loro qualità, ma cui avrebbe giovato a mio avviso un ulteriore sforzo in fase di rifinitura. Vedremo cosa i nostri sapranno tirar fuori dal cilindro in futuro, io sono fiducioso.

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