Recensione: Runes

Di Daniele D'Adamo - 5 Giugno 2014 - 19:24
Runes
Etichetta:
Genere: Metalcore 
Anno: 2014
Nazione:
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74

 

Pur suonando un metalcore melodico assai fresco e frizzante, i Bury Tomorrow non sono proprio di primo pelo giacché è dal 2006 che calcano le scene, avendo peraltro dato alle stampe tre full-length di cui l’ultimo è questo “Runes”, appena uscito per la Nuclear Blast. Oltre a essere moderni in tutto e per tutto, i Nostri spiccano per qualità di realizzazione, dando ben chiara l’impressione che alle loro spalle ci sia un’esperienza di tutto rispetto.   

La spiegazione di questa circostanza non è comunque complicata. Basta far mente locale sulla provenienza geografica di Danni Winter-Bates e i suoi compagni ed il gioco è fatto: Southampton, Hampshire, United-Kingdom. Cioè, la culla del metal e, specificamente, del metalcore melodico. Si sa che gli inglesi prendano la musica maledettamente sul serio, ma quando si rigira fra le mani un genere come quello suonato dai Bury Tomorrow il discorso entra nella genetica. Certo, ci sono altre nazioni che sfornano band dedite alla tradizione *-core – come per esempio la Germania – tuttavia è soltanto nelle terre di Albione, a parere di chi scrive, che si trova quel qualcosa in più che altrove manca. Devil Sold His Soul, Bring Me The Horizon, Architects, giusto per far tre nomi a caso, accompagnano i Bury Tomorrow nell’élite delle band in grado di unire perfettamente tutti gli ingredienti caratteristici della foggia musicale di cui trattasi.    

Ingredienti che, variazioni sul tema a parte a seconda dei gusti di ciascun ensemble, sono ormai ben noti sia nella tipologia, sia nella quantità. E i Bury Tomorrow non sfuggono alla regola, in primis con i famigerati ritmi spezzati che trasformano i live in masse di gente saltante, impegnata a seguire l’andirivieni degli stop’n’go o breakdown che dir si voglia. Poi, la sinergia fra le chitarre, tesa a dividere equamente o quasi la parte eminentemente dura e cattiva, cioè quella che rimanda ai riff stoppati e compressi del thrash, da quella melodica, ricca di soli, ricami, ceselli e abbellimenti vari, spesso radicati nella tradizione heavy metal. Come spesso accade in questi casi non c’è molto da dire sulla sezione motrice, potente e scoppiettante – questo sì – ma tutto sommato relegata a un ruolo di mero accompagnamento. Ciò che al contrario caratterizza con decisione i Bury Tomorrow, e non solo loro, sono le linee vocali, affrontate con veemenza da Winter-Bates e dal chitarrista Jason Cameron sì da alternare/unire harsh vocals scabre come la carta di vetro a grana grossa e clean vocals perfette, scevre da indecisioni nonché stonature. Ma, più di tutto, a fare la differenza con il metalcore del… Resto del Mondo, sono i cori. Sempre in linea con il contesto in cui si formano, fedeli compagni di avventura dei temi trattati dalle song, veri e inimitabili sostegni ai cantati, altrimenti zoppi o poco incisivi.    

Lo stile che ne esce alla fine non è particolarmente originale né tantomeno innovativo. Del resto, è lo scotto che si deve pagare per godere appieno di un metalcore ‘come si deve’, per cui la circostanza non inficia più di tanto la qualità complessiva del disco. “Runes” che, nondimeno, presenta una buona costanza qualitativa nella scaletta dei brani, priva di buchi, cali di tensione, filler. Forse manca il colpo da ko, che regalerebbe al CD la medaglia d’oro, anche se qualche episodio da tenere da parte per ascolti futuri c’è, come “Man On Fire”, “The Torch”, “Under The Sun”“Last Of The Ice”.

Un’opera per gli appassionati, insomma, ma non solo.        

Daniele “dani66” D’Adamo
 

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