Recensione: Rvbicon

Di Alessandro Calvi - 15 Maggio 2006 - 0:00
Rvbicon
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Anno: 2006
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78

A qualche anno di distanza dall’ultimo studio-album “Dim Carcosa” e dal live “And the Hordes Stood as One”, tornano i belgi Ancient Rites con questo “Rvbicon”. Qualsiasi riferimento al fiume Rubicone e al suo attraversamento da parte di Giulio Cesare il 10 gennaio del 49 a.C., è puramente voluto. Non si tratta però di un concept album dedicato unicamente alla figura del condottiero (e poi imperatore) romano, bensì un disco dedicato ad alcune delle vicende storiche più importanti ed epiche che si ricordino. Così, accanto alla sfida lanciata da Cesare al senato di Roma, troviamo anche la strenua resistenza dei trecento Spartani di fronte alle truppe di Serse alle Termopili, o ancora le vicende dei templari durante le crociate per la riconquista del Santo Sepolcro.

Trattando di vicende militari, il tema musicale non poteva che essere principalmente marziale, come dimostra l’intro “Crvsade”, pur presentando qualche leggera reminiscenza dalla titletrack dell’album “Fatherland”.
Subito dopo troviamo “Templar”, unico brano reso disponibile per il download in formato mp3 dall’etichetta per ingolosire un po’ i fan. Si capisce subito perché sia stata scelta proprio questa canzone, si tratta infatti di una delle più potenti ed epiche tra quelle presenti sul cd. Lo stile degli Ancient Rites non è cambiato di molto rispetto ai due album precedenti, anzi, questo “Rvbicon” sotto molti aspetti sembra una sorta di mix tra “Dim Carcosa” e “Fatherland”. La parte più melodica e sinfonica di “Dim Carcosa” è stata mantenuta, così come alcuni dei suoi momenti più veloci ed aggressivi, ma è stata fusa con la maggiore epicità del precedente “Fatherland”. Il risultato, inutile dirlo, è veramente da leccarsi i baffi.
La successiva “Mithras” continua sul sentiero tracciato dalla canzone d’apertura, velocità e potenza accompagnate da un sottofondo sinfonico epico, mentre la voce di Gunther passa abilmente come sempre attraverso vari toni, dal growl, al pulito, allo scream. Questa volta, al centro del testo, troviamo il culto del dio Mithras, divinità dei militari romani dalla nascita assai simile a quella del Gesù cristiano.
La quarta traccia inizia con un dolce pezzo di pianoforte, su cui si va a innestare il sottofondo sinfonico. Lentamente la melodia va incupendosi, per poi assumere un tono marziale e sempre più epico, poco a poco fanno la comparsa anche batteria, basso e chitarre, poi un breve passaggio di voce femminile e infine quella maschile. L’inizio è lento, quasi recitato, è da metà in avanti che il gruppo decide di pigiare sull’acceleratore. Come i trecento soldati spartani siano riusciti, a discapito della propria vita, a fermare per giorni e giorni l’avanzata dell’esercito persiano di Serse, un esercito di oltre 2 milioni di unità, come narra il resoconto di Erodoto, è storia conosciuta da tutti.
Così come è famoso il gesto di sfida di Giulio Cesare che con le sue truppe oltrepassò il Rubicone (in realtà non più di un torrente, ma al tempo linea di confine tra la Gallia Cisalpina e il territorio di Roma) e diede inizio alla prima guerra civile che la storia ricordi, al termine della quale il mondo non fu più lo stesso. Così come celebre è la frase che pronunciò in quella occasione: “Alea Iacta Est”, “il dado è tratto”. La canzone degli Ancient Rites ci restituisce tutta la potenza e l’impatto simbolico che quel gesto rappresentò e rappresenta tutt’ora nella storia dell’umanità, ci troviamo di fronte a una canzone che è il degno riassunto di quanto questo album offre.
“Ypres” prende il nome dall’omonima cittadina belga che fu teatro, il 22 aprile del 1915, di una delle più orrende pagine della Prima Guerra Mondiale. Fu in questa occasione infatti che vennero utilizzati per la prima volta i gas asfissianti, poi denominati “gas all’iprite” proprio in “onore” di questa città. L’intro della canzone è affidato a una voce femminile a cui si affianca quella maschile, sullo sfondo un rullante che ricorda quello dei tamburini che precedevano gli eserciti del 1700. Il tutto è sviluppato come in un crescendo, mentre il resto della canzone alterna momenti più aggressivi ad altri più drammatici, la voce stessa di Gunther sembra in questi ultimi passaggi quasi commossa.
Il penultimo capitolo di questo disco è di nuovo dedicato a un pezzo della storia romana. Questa volta ci troviamo in Germania e assistiamo a una delle battaglie decisive per il futuro dell’Impero Romano. Secondo gli storici infatti, la sconfitta patita contro Ermanno il Cerusco è stata la prima crepa nel muro che poi avrebbe fatto decadere Roma. È ironico notare però come tutto quanto sappiamo di questo personaggio ci derivi esclusivamente dai resoconti di Tacito (un romano) e come lo stesso Ermanno sia stato in grado di guidare il proprio popolo alla vittoria proprio perché in seno all’esercito romano aveva militato per tanti anni, prima di disertare.
La decima e ultima canzone del disco è infine dedicata alla nazione che ha dato i natali agli Ancient Rites. È con l’antico nome di “Brabantia” che il gruppo si rivolge al Belgio e contemporaneamente si congeda dagli ascoltatori con un brano che nulla ha da invidiare a quelli che l’hanno preceduto. Potenza, velocità, epicità, parti sinfoniche e voce sempre versatile sono i punti distintivi di una band sempre originale che con questo disco non ha tradito le aspettative.

Ci troviamo di fronte a un disco di prima categoria, eppure qualche cosina forse sarebbe potuta essere fatta meglio. Dal punto di vista della realizzazione tecnica non c’è proprio nulla da dire: tutti gli strumenti son resi benissimo, così come l’amalgama con le parti più sinfoniche, inoltre tutto suona potente o soft quando serve.
Per quanto riguarda invece l’ispirazione, ho trovato questo album un mezzo punto d’arresto rispetto ai precedenti. In ognuno degli altri dischi si poteva sempre trovare qualcosa in più del precedente, in questo invece è praticamente tutto già sentito. Inoltre, presentando canzoni ispirate ad episodi storici così distanti tra loro, non sarebbe forse stato male prevedere anche musiche che rispettassero maggiormente il periodo in cui le vicende erano ambientate. Al contrario ci troviamo con uno stile sostanzialmente simile sia per l’Antica Grecia che per la Prima Guerra Mondiale.

Per concludere: ci troviamo di fronte all’ennesimo capitolo della storia di una band che fin dai suoi esordi non ha mai deluso i suoi fan. Un disco sicuramente da ascoltare per coloro che seguono da tempo gli Ancient Rites e sicuramente da consigliare a tutti coloro che ancora ignorano le potenzialità di questo gruppo.

Tracklist:
01 Crvsade
02 The Templar
03 Mithras
04 Thermopylae
05 Rvbicon
06 Invictvs
07 Ypres
08 Galilean
09 Chervscant
10 Brabantia

Alex “Engash-Krul” Calvi

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