Recensione: S.Y.B.E.R.I.A.

Di Sergio Vinci - 5 Gennaio 2007 - 0:00
S.Y.B.E.R.I.A.
Band: Vhernen
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
Nazione:
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87

Da tempo non sentivo un lavoro talmente emozionante e carico di feeling all’interno di un genere come il Black Metal.
Diciamo che quasi non ci speravo più. L’anno appena concluso ha evidenziato a mio avviso diversi elementi che potrebbero fungere da campanello d’allarme per gli amanti di queste sonorità, dove molti dei grandi nomi sono tornati sul mercato con uscite non propriamente esaltanti, o comunque rivelando una tendenza ad allontanarsi dal concetto di Black Metal inteso in senso stretto, con lavori a volte sperimentali e/o fin troppo evoluti, che in certi casi hanno centrato comunque il bersaglio di proporre, se analizzati in un contesto di ampie vedute, musica di qualità, ma che in molti altri casi hanno creato solo confusione con proposte ibride e non di certo esaltanti.

Tanti sono i nomi storici che ultimamente stanno cercando nuove vie di espressione: Satyricon, Gorgoroth, DarkThrone, Enslaved, Dissection, tanto per citare i primi che mi vengono in mente. Invece c’è ancora qualcuno che riesce a dimostrare che anche nei ristretti territori del Black Metal si può dire molto, e lo fa in maniera ortodossa ma non per questo scontata o prevedibile. E’ il caso dei danesi Vhernen, che con questo .S.Y.B.E.R.I.A, mi hanno letteralmente lasciato piacevolmente impietrito, sia per la elevata qualità di cui è intriso questo piccolo gioiello, sia per le atmosfere che in soli quattro brani sono riusciti a creare. A volte ci sono musicisti che sfornano album anche da ottanta minuti, ma non riescono a trasmettere nemmeno una minima parte di quello che si può trovare in questi venti minuti circa di preziosa musica.

S.Y.B.E.R.I.A. spazza via i suoi colleghi dediti al Depressive Black Metal con una naturalezza quasi ingenua, riesce là dove i vari Xasthur, Shining, Leviathan e compagnia triste non sono ancora riusciti ad arrivare. Le punte di malinconia e desolazione che vengono toccate durante l’ascolto di questo mini-cd sono veramente alte, tanto che in alcuni casi, al piacere dell’ascolto, si sovrappone uno stato di abbandono ed immedesimazione nelle note stanche e dilatate di brani come la conclusiva e commovente Funeral Aurora, strumentale arricchita da un uso azzeccatissimo di archi che si fondono a meraviglia nella struttura semplice di un brano che potrebbe anche strapparvi qualche lacrima. Non di certo da meno sono gli altri brani che compongono questo ristretto (solo per la sua durata si intende) capolavoro, con una opener di dimensioni enormi che porta il nome dell’album, Syberia, che con le sue ritmiche incalzanti e lineari unite ad un uso dei riffs sempre semplici ma dannatamente oscuri ci porta immediatamente ad immergerci nell’universo Vhernen, ma avente anche la capacità di riportare a galla quegli stati d’animo che molte volte prendono più le sembianze di catene della nostra esistenza, capaci di tenerci immobili ad osservare il nostro “Io” che viene portato sempre più in basso fino a scomparire nel dolore di una esistenza sofferta e paranoica.
Molto toccanti anche le altre due songs, Tundhra e Numb, la prima sempre sostenuta nelle ritmiche e vagamente riconducibile ad alcune cose dei Velvet Cacoon (anche l’uso delle vocals ricordano molto la band di Genevieve), la seconda invece sposta i binari su sonorità più Funeral Doom-oriented tanto caro a bands come Nortt o Until Death Overtakes Me.

Concludendo, mi sento di dire che chiunque ricerchi nella musica sensazioni come malinconia, oscurità e fascino morboso, troverà in S.Y.B.E.R.I.A. un ottimo strumento per accompagnare i suoi sentimenti più nascosti, a volte volutamente, ma che vale la pena riesumare. Perché a volte la bellezza delle emozioni passa proprio attraverso la sofferenza ed il tormento della nostra psiche.

Sergio “Oigres” Vinci

TRACKLIST:

1) Syberia
2) Tundhra
3) Numb
4) Funeral Aurora

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