Recensione: Samaya

Di Claudio Casero - 2 Marzo 2005 - 0:00
Samaya
Band: Inner Shrine
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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72

Con questo “Saraya” i fiorentini Inner Shrine arrivano al loro terzo lavoro. La band, nata nel 1997, composta da Luca Liotti (chitarra, voce e synth) e Leonardo Moretti (basso), ci propone un gothic metal molto particolare in cui le atmosfere scure e malinconiche la fanno da padrone e l’utilizzo dei testi in latino di certo aiuta a rendere ancora più oscuro tutto il lavoro.

Dopo una breve intro strumentale, i combo fiorentino ci delizia con “The inner shrine”, un brano di indubbia matrice gothic con cori femminili molto ben strutturati che ricordano quelli dei Therion di “Theli”. Al suo interno parti di chitarra potenti e pungenti vengono alternati a momenti narrativi che creano senza dubbio un’atmosfera squisitamente retrò e occulta.

Si prosegue con “Catarsi”, un pezzo strumentale che punta sul suono pacato e suadente di una chitarra acustica per rendere un’ambientazione che mette l’ascoltatore in grado di sognare e interpretare come meglio crede la canzone. Il tutto è molto ben curato e rivela delle notevoli doti compositive del gruppo.

La seguente “Path of trasmigration” è a mio parere il brano migliore di tutto il lavoro; si tratta di un gothic metal che affianca riff di chitarra granitici ad una voce femminile molto ben impostata che rende notevolmente sia nelle parti più tirate che in quelle più riflessive esprimendo sentimenti che possono sembrare veri. Il tutto è condito da cori polifonici ben strutturati e da parti di sintetizzatore che contribuiscono a creare un atmosfera quasi surreale.

Con “Res Occulta” torniamo verso un metal maggiormente orchestrale in cui i cori sono la parte essenziale che serve a dare potenza e enfasi a tutto il brano che risulta essere dinamico e abbastanza originale. Le chitarre, con un suono volutamente sporco, infondono indiscutibile potenza ad un brano alquanto piacevole e orecchiabile già dal primo ascolto.

“Le repos que la vie a troublè” è un brano di ambient praticamente strumentale se non fosse per una voce femminile sussurrata che risulta tanto piacevole quanto inquietante. Ottima canzone che lascia molto spazio all’interpretazione e all’immaginazione di chi ascolta.

“Soliloqium in splendor” ci trasporta verso lidi più squisitamente gothic, con una melodia drammatica e una voce maschile calda e sofferente che non risulta mai essere noiosa. Il tutto è condito con chitarre quasi lamentose e da un tappeto di tastiere che rendono ancora più triste e magici gli oltre 6 minuti del brano.

Dopo un altro breve brano strumentale, gli Inner Strine ci presentano questa “Elegiacus in re min”, un brano di musica classica rivisitato e modificato, con l’utilizzo di voci liriche femminili e testo in latino con un suono di piano che crea un’atmosfera di estrema sofferenza.

Il cd termina con “Waves like dolphins”, una canzone molto particolare in cui le chitarre acustiche rendono l’ambiente sognante anche grazie al rumore delle onde che sono presenti all’interno di tutto il brano. Il brano è completamente strumentale, ma sinceramente non si sente la mancanza di una voce; la cosa migliore da fare ascoltando questa traccia è sdraiarsi, chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dalla poesia di queste note.

Il cd, venduto in versione digipak, contiene anche il video di “Path of transmigration”, diretto dal regista francese Victor Ferdinand; un ottimo lavoro in cui si può ben notare la mano di un professionista alle riprese.

In conclusione questo “ Samara” è un buon lavoro di gothic metal molto particolare, che riesce a spaziare dalla musica classica al metal più tipico, facendo passaggi ambient e strumentali. Tutto questo denota una notevole preparazione strumentale e compositiva da parte del gruppo.

TRACKLIST:
1. Overture in red
2. The Inner Shrine
3. Catarsi
4. Path of transmigration
5. Res occulta
6. Le repos que la vie a troublè
7. Soliloquium in splendor
8. Requiem
9. Elegiacus in re min
10. Waves like dolphins

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