Recensione: Sanguinary Revelations

Di Daniele D'Adamo - 22 Settembre 2016 - 18:04
Sanguinary Revelations
Band: Surgikill
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2016
Nazione:
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75

Ye olde death metal!

Non c’è niente da fare. Il fenomeno è inarrestabile. Un’emorragia senza fine. Sì, l’old school death metal continua a collezionare adepti. L’arcigna mietitrice sfalcia interi campi di band dedite alla versione arcaica della sezione più estrema del metal. Fra esse, i neonati Surgikill che, dopo solo un anno di apprendistato, danno alle stampe il loro putrescente debut-album, “Sanguinary Revelations”.

Gli americani sciorinano morbosità con una facilità, semplicità e linearità impressionante. Merito di un evidente talento naturale nel comporre song assolutamente marce, puzzolenti, verminose. L’idea delle tre voci (sic!) più il backing del chitarrista Billy Nocera, poi, si rivela vincente. Ma, al contrario del solito, non si tratta dell’abusato contrasto growling / clean / female / ecc.

William Sievers, Stevo do Caixao e Vanessa Nocera (una donna?) sono al contrario tre scellerati che continuano a sovrapporsi l’un l’altro/a, a rincorrersi, a sottolinearsi, a smembrarsi. A scatarrare come tisici, a urlare come pazzi furiosi. Con che, le linee vocali dell’ensemble di Cincinnati assumono i connotati di una piacevole (si fa per dire) novità e, anche, discreta originalità.

Non solo, il già menzionato Billy Nocera, assieme all’altro schizofrenico Ash Thomas, forma una coppia d’asce sanguinaria, affamata di carne umana, bramosa di repellente putridume. Il rifferama è solido, possente, a volte irresistibile, travolgente. I soli lacerano, strappano, dilaniano. Ovviamente, in un ambito stilistico che non si sposta di un millimetro da quello che identifica la vecchia scuola nell’accezione più pura e fedele del termine.

Terremotante la sezione ritmica che, operando agli estremi della tecnica che si deve esprimere per esempio nel jazz, bombarda senza pietà qualcosa cosa esista; finendola con l’immancabile fiondata di blast-beats, tanto approssimativi quanto goduriosi per i timpani più devastati.

Il tutto, comunque, entro i canoni di un songwriting immediato sì, ma niente affatto scontato in più d’un passaggio ove, come più sopra accennato, i Surgikill forniscono prova di un’istintività tutt’altro che trascurabile.

Sicuramente i Nostri non passeranno alla storia quale mirabile esempio di evoluzionismo metallico, tuttavia il loro lurido lavoro lo fanno bene. Dannatamente, bene. Horrorificamente, bene.

La Hells Headbangers Records ha visto bene ancora una volta, insomma.

Daniele D’Adamo

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