Recensione: Second To None

Di Mauro Gelsomini - 24 Aprile 2004 - 0:00
Second To None
Band: Eclipse
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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45

Questo è il secondo album per il quintetto di Stoccolma, che vede tra le proprie fila il tastierista Mats Olausson (ex Malmsteen).
Sebbene la promozione consigli il disco agli amanti di band come Talisman, Europe e lo stesso Malmsteen, non mi sento affatto di condividere l’indicazione. Ciò che è chiaro è lo spiccato senza per la melodia degli svedesi, capeggiati da Erik Mårtensson, voce e chitarra, ma gli arrangiamenti e lo stesso songwriting puntano piuttosto al pop rock di Blur e Stone Roses, non denigrando, soprattutto nei riff, il post rock (quasi grunge) di Soundgarden e Jane’s Addiction.
Potrei liquidare il tutto con un clamoroso quant superficiale crossover tra Black Sabbath (il riff dell’opener “Always Standing”) e Journey (quelli dell’ultimo periodo, intimisti e poco apprezzati di “Trial By Fire”), ma è doverosa un’analisi più dettagliata.
La produzione tutta anni ’90 non fa che esaltare la sensazione secondo cui il disco risulti un tentativo di oscurare il classico col moderno, e non faccio fatica a pensare che potrebbe farlo in senso inverso, ovvero tirando fuori l’hard rock melodico ottantiano che il sottoscritto predilige. E’ vero che le melodie happy scarseggiano in favore di linee più alternative, tuttavia gli elementi tipici della scena AOR, non mancano: la voce di Erik somiglia molto a quella di Ray Gillen dei Badlands, mentre “All I Do” contiene un riferimento a “Who’s Crying Now” dei Journey, che sembrerebbe qualcosa di più che un semplice omaggio.
Anche gli adorati cori ariosi dell’arena rock dei Journey qui vengono mascherati e oscurati dalla produzione che risalta le chitarre ruvide: un caso su tutti il bel refrain di “Light Of Day”, che tra un filtro sulla voce di Erik, un incessante e oppressivo riff di tastiera, e fastidiosissimi synth a condire il tutto, si perde nelle buone intenzioni iniziali.
“Season Of Life” cerca di mischiare le carte in tavola con qualche riff ai limite del power-thrash (l’incipit potrebbe ricordare i primissimi Savatage), la conclusiva ballad “Better World” va a scomodare alcune soluzioni già sentite addirittura da Bjork.
Se questo è un modo per cercare di omaggiare il glorioso AOR, sporcandolo con elementi alternativi di questo tipo, non troverete certo nel sottoscritto l’open minded che sarebbe necessario (forse) per promuovere questi esperimenti (oserei dire accozzaglie) musicali.

Tracklist:

  1. Always standing
  2. All I do
  3. Second to none
  4. Streets of gold
  5. I’ll ask for you
  6. Nothing between us
  7. Road to forever
  8. Body and soul
  9. Something you do
  10. Season of life
  11. Better world

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