Recensione: Secret Passion

Di Tiziano Marasco - 21 Ottobre 2011 - 0:00
Secret Passion
Band: Imperia
Etichetta:
Genere: Gothic 
Anno: 2011
Nazione:
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58

Gli Imperia giungono, con questo “Secret Passion”, alla terza release ufficiale. Eppure non sembra passato molto tempo da quel loro primo pezzo che ascoltai: una cover trovata per caso in una compilation tributo ai Dead Can Dance.

La song (“The Lotus Eaters”), non era eccelsa, ma aveva un che di originale, un curioso mix di gothic sinfonico e atmosfere arabo-indiane. In realtà, ad una analisi più attenta, si dovrebbe ammettere che l’originalità fosse più dovuta ai Dead Can Dance che alla band olandese, ma ai tempi fu qualcosa di interessante. Da quel primo pezzo gli Imperia ne hanno fatta di strada in termini di uscite, ma musicalmente non sono andati molto lontano. Hanno infatti pubblicato due dischi, prima di questo “Secret Passion” che, pur mantenendosi discreti, non si discostano molto dalle linee guida del già citato gothic sinfonico. Discorso che si può ritenere valido anche per questo nuovo terzo album.
Sotto l’ennesima copertina di indiscutibile fascino, stavolta anche grazie ad un raffinato gusto preraffaellita, troviamo nuovamente forme già collaudate, ben proposte e ben prodotte. Il gruppo guidato dalla bionda Helena Michaelsen ci propone, infatti, tredici canzoni estremamente varie ed orecchiabili e, sezionandole una ad una, vi si trovano tutti gli ingredienti che possono rendere appetibile il genere, ma nulla più.
Si parte con “Touch of Your Hand”, classico pezzo heavy dai toni moderni che richiama vagamente i Theatre of Tragedy del periodo tardo e affini. Le canzoni successive, la title-track e “Fragile”, più maestose nell’incedere, si spostano sensibilmente su sentieri più etnici, con la riproposta di atmosfere arabo-indiane, mentre Helena Michaelsen sembra più Floor Jansen della stessa Floor Jansen.
“Out of Sight” ritorna sulle linee stilistiche della opener, rallentandone sensibilmente la velocità, mentre “Let Down”, sicuramente l’episodo migliore del disco, è una ballata sinfonica estremamente ben costruita che conquista fin dal primo ascolto.
Da lì in poi il discorso non cambia molto. Si segnala indubbiamente “Suicide”, brano in cui la band cerca di spingersi in terre inesplorate e di proporre qualcosa di genuinamente proprio, finendo purtroppo per dar vita all’unico pezzo veramente indifendibile del disco. Sicuramente colpisce l’abilità vocale della Michaelsen, che canta con una voce da cartone animato, ma il risultato è un improbabile mix tra gli Aqua e “Tittentattenteksti” dei Solefald.
Passati questi minuti da brivido, si prosegue con altre due ottime ballad, sicuramente la specialità della band, e poi di nuovo due brani tirati, che non aggiungono nulla di nuovo, prima di “My Sleeping Angel”. Pezzo conclusivo di indubbio valore si compone di una ballata per piano e due voci in cui la Michaelsen duetta con Oliver Philips. In chiusura c’è ancora spazio per una gradevole bonus track di sapore elettronico che smorza, ed alleggerisce notevolmente, quanto avevamo già sentito in “World of Glass” dei Tristania.
Indiscutibilmente ciò che colpisce di più l’orecchio è l’estrema versatilità della cantante, alla quale sono stati affiancati degli ottimi mercenari (senza offesa, chi andasse a vedersi la bio sul sito ufficiale e notasse con quanti gruppi hanno suonato i vari musicisti, non potrà giungere al altro termine) in grado di poterle costruire attorno qualsiasi tipo di canzone.

Forse proprio a causa del voler esaltare la versatilità vocale della Michaelsen a tutti i costi, il disco manca di unità e personalità. Sembra che gli Imperia non vogliano dimostrare la propria originalità, crearsi un marchio di fabbrica, un sound proprio che gli ascoltatori possano riconoscere. Quanto piuttosto sembra che si rifacciano, di volta in volta, ad un gruppo o ad un altro, proponendo canzoni che sono sì buone e coinvolgenti, ma anche assai derivative e di maniera.
Il che è un peccato, perché se le loro abilità consentono al disco di raggiungere una sufficienza tranquilla, sotto il profilo strettamente tecnico, dall’altro lasciano l’amaro in bocca per il non voler rischiare. In ogni singola nota si ha la sensazione che potrebbero (e dovrebbero, visti i nomi coinvolti) offrirci qualcosa di più.
“Sanza infamia e sanza lode” direbbe il poeta.

Track list:
01 Touch of Your Hand
02 Secret Passion
03 Fragile
04 Out of Sight
05 Let Down
06 Violence
07 Like Rain
08 Suicide
09 Hold On
10 Greed
11 Missing It All
12 My Sleeping Angel
13 Mistress

Tiziano “Vlkodlak” Marasco

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