Recensione: Separate & Coalesce
«Call it Hardcore, call it Deathcore or Beatdown. For us it’s rather a feeling, an emotion, everything but average. Listen to it and decide on your own».
Così si esprimono, con un motto tanto semplice quanto efficace, i The Green River Burial, nati a Francoforte nel 2008. Dopo un demo autoprodotto nel 2009 e un EP sempre fatto da sé l’anno successivo (“Means To An End”), nel 2012 arriva il contratto discografico con la Bastardized Recordings per dare alle stampe il primo album in carriera: “Separate & Coalesce”.
I quattro tedeschi proseguono sulla strada di una già consolidata tradizione teutonica in materia di deathcore. Band come i Neaera, gli Heaven Shall Burn, i Bust A Move, sono frutto di una misteriosa predisposizione delle genti germaniche per il metallo iper-vitaminizzato tutto stop’n’go e breakdown. Forse si tratta della seconda ondata di metal estremo dopo quella, leggendaria, del thrash anni ’80 di Kreator e compagni bella. Non si sa. Quel che si sa, invece, è che – come i più illustri colleghi più sopra citati – anche i The Green River Burial fanno male. Molto male. La loro musica fonda le proprie radici nell’hardcore, esattamente come molto thrash ottantiano, per intersecarne l’intrinseca secchezza e riottosità con la veemenza e la possanza del death metal. In questo caso, occorre dirlo, venato più del solito di melodia. Non si tratta di metalcore, però. Ma di una tremenda dimostrazione di potenza che esula dai territori in cui si muove quest’ultimo genere, per entrare di diritto nei campi ad alto contenuto energetico.
Comunque, oltre a pestare duro, i Nostri si dimostrano, per l’appunto, buoni ideatori di atmosfere meno tese e più ariose del solito che, in taluni casi (“Sink Ships”), ricordano un po’ quelle trasognanti così come messe in campo, per esempio, dagli inglesi Devil Sold His Soul. Le quali, non a caso, sono accumunate a istanti, invece, ove la follia scardinatrice diventa padrona come nella gragnuola di blast-beats che stravolge “Matriarch/Utopia” (parimenti si veda, o meglio si senta, a tal proposito, “Loose Lips”). Questo movimentare la scena, senza dubbio, è una circostanza positiva, per “Separate & Coalesce”. Uno dei difetti del deathcore, difatti, è la difficoltà che a volte si percepisce nel riuscire a differenziare la composizione; come se i punti fissi del genere, come il tipo di growling o i breakdown, fossero… troppo fissi. E, quindi, poco inclini a invogliare una scrittura in linea sì con gli stilemi della tipologia musicale ma, pure, varia e non noiosa. In questo, bisogna ammetterlo, i The Green River Burial ci riescono abbastanza bene come si può evincere da “The, I Am”, song piuttosto complessa, dalla stupenda armonia portante, poderosa e dal sicuro impatto sia sonoro sia emotivo. Peraltro caratterizzata, come tutto l’album, dai riuscitissimi cori elaborati dalla band; a volte anthemici (“Reinvent The Real”), a volte cattivi (“Colossus”), a volte struggenti (“No Tomorrow, No Regrets”). Un modo, insomma, per vivacizzare le linee vocali di Mert Ücüncü, cantante senza infamia né lode ma sicuro di sé e dotato di un’ineccepibile professionalità. Capace di intonare, oltre al growling, inhale e clean come da relative scuole di pensiero. Un modo che si somma all’idea, non originale ma efficace, di inserire – qua e là – dei brevi segmenti ambient o altre divagazioni dal tema principale (“Reinvent The Real”), atti a dare robuste pennellate di colore all’enorme muro di suono eretto dalla chitarra di Moritz Spahn e dal basso di Philipp Sevatschouni.
La saturazione del mercato internazionale del settore, è ipotizzabile, farà sì che “Separate & Coalesce” (supportato da una cover poco penetrante) riuscirà con fatica a farsi il largo per mostrare le tante qualità di cui è composto. I The Green River Burial, pur non proponendo stravolgimenti o particolari evoluzioni della forma-base del deathcore, si mostrano dei buoni songwriter; meritevoli di essere perlomeno degnati di un ascolto. “The Big Rip”, hit del lavoro, è lì, apposta per avvalorarlo.
Daniele “dani66” D’Adamo
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Tracce:
1. Cold Sweat 0:56
2. No Tomorrow, No Regrets 3:45
3. Colossus 4:48
4. Loose Lips 3:07
5. The Big Rip 3:35
6. Bullsharks 5:00
7. Sink Ships 2:19
8. Matriarch/Utopia 3:52
9. L’Étranger 5:24
10. The, I Am 3:28
11. Reinvent The Real 4:50
Durata 41 min.
Formazione:
Mert Ücüncü – Voce
Moritz Spahn – Chitarra
Philipp Sevatschouni – Basso
Tom Belz – Batteria