Recensione: Shadows of our Time

Di Emanuele Calderone - 8 Aprile 2011 - 0:00
Shadows of our Time
Band: Krampus
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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58

Nati nel 2009 a Udine, i Krampus sono una nuova realtà del panorama folk/death metal italiano.

Avviato inizialmente come progetto folk metal classico, il gruppo, formato da ben otto musicisti, ha gradualmente spostato la propria attenzione su sonorità più vicine al melodic death metal. Il cambiamento di stile ha portato i ragazzi verso lidi che possono ricordare da vicino gli svizzeri Eluveitie.

Uscito nel marzo del 2011, “Shadows of our Time” è il primo lavoro firmato dal combo friulano ed è prodotto da Giacomo Barboni e Filippo Gianotti. A saltare all’orecchio sin dalle prime battute sono le indubbie capacità tecniche dei nostri, che si dimostrano abili con i propri strumenti, pur senza ricorrere a soluzioni virtuosistiche.
L’ep, diviso in sei canzoni più un’intro strumentale, è un album realizzato professionalmente, estremamente curato sia per quanto concerne i suoni, sia per l’aspetto grafico degno, quest’ultimo, di una major.
Strutturalmente si ha tra le mani un disco decisamente semplice e lineare, con composizioni dirette che si imprimono immediatamente in testa, grazie soprattutto a melodie di facile presa.
Ad aiutare notevolmente nel processo di assimilazione del prodotto, vi è anche la durata alquanto ridotta di ciascun episodio contenuto: si va dal minuto e 43 secondi dell’introduttiva “Echoes from the Ancients [Instrumental]” sino ai 4′ e 10” della terza “Tears of Stone”, la più lunga del lotto.
Le danze, come detto, sono aperte da “Echoes from the Ancients” che sfuma, con le sue atmosfere folk, nella seconda “Shadows of our Time”. La title-track è una canzone piuttosto classica che presenta tutti i cliché tipici del genere, alternando a momenti più tirati altri più atmosferici. Nonostante dica poco di nuovo, la traccia è ben riuscita e si lascia ascoltare con discreto piacere, grazie a qualche melodia azzeccata, che però risente fin troppo dell’influenza di band quali gli scozzesi Wolfstone.
Il discorso appena fatto potrebbe essere valido per tutto il resto della tracklist ed è proprio questo aspetto che rischia di rendere l’ascolto a tratti noioso: mancano dinamicità e varietà ai pezzi.
Basta infatti sentire brani quali “Tears of the Stone”, o anche una “Howl”, per capire che infondo l’intero disco si regge su un numero ancora esiguo di idee, che pur essendo sviluppate discretamente, vengono spesso e volentieri ripetute all’eccesso.

In definitiva possiamo dire di essere davanti a un’opera che, seppur professionale, pecca  di un songwriting poco solido e soprattutto poco personale.
Il lavoro da fare è pertanto molto, anche se non è certo tutto da buttare. Sperando che i nostri riescano ad aggiustare il tiro già dalla prossima uscita, per ora non si può che attribuire a questo “Shadows of our Time” una quasi sufficienza.

Emanuele Calderone

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Tracklist:
01- Echoes from the Ancients
02- Shadows of our Time
03- Tears of Stone
04- The Rocks of Verden
05- Witches’ Lullaby
06- Howl
07- Wooden Memories

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