Recensione: Shovel Headed Tour Machine

Di Nicola Furlan - 10 Novembre 2010 - 0:00
Shovel Headed Tour Machine
Band: Exodus
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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87

Posso solo immaginare che razza di concerto abbiano proposto gli Exodus in occasione del W:O:A del 2008, davanti a più di ottantamila deliranti fans. Dico ‘immaginare’ per due motivi: il primo, è che non vi ho presenziato; il secondo, è che per le mani m’è capitato solo il live-CD intitolato “Shovel Headed Tour Machine (Live At Wacken And Other Assorted Atrocities)” e non il DVD con il filmato che, se volete, trovate comunque sugli scaffali dei negozi. Non ho quindi ancora avuto tempo di comprarlo, per cui posso solo esprimere delle considerazioni su ciò che possiedo al momento.

Che dire, ne ho avute abbastanza da capire che deve esser stato un grande evento! Gli Exodus sono da sempre una delle maggiori espressioni del thrash metal; una band che, sempre e comunque, ha definito gli orientamenti del genere. Sia agli esordi di carriera, sia a metà anni duemila quando la corrente ha ripreso la sua inesorabile corsa. Ed è stato proprio “Shovel Headed Kill Machine”, nel 2005, a dar intendere che la scena si sarebbe rianimata solo pestando sull’acceleratore come un tempo. Perché? Perché, anni fa, fu proprio la nuova reinterpretazione del groove lo spartiacque tra il thrash viscerale e quello ‘elaborato’, concepito dalle menti brillanti di Machine Head, Nevermore e compagnia bella.
Un thrash per soli intenditori che per anni ha identificato una scena mai in grado di decollare. Grande onore quindi a queste band che non hanno permesso che la fiammella di un movimento artistico assai diretto e coinvolgente si spegnesse.

Quindi, dicevamo, il 2005 ed Exodus ancora una volta! Da quel momento un’infinita schiera di giovani leve ha ripreso in mano gli strumenti. Certo, nessuno è in grado di certificare che, ancora una volta, Holt e compagni siano stati gli artefici primi di un nuovo e grande cambiamento, ma scommetto che in molti hanno drizzato le orecchie all’ascolto di brani del calibro di “Deathamphetamine”. L’ascolto di quell’album è stata una rivelazione. Essere o no d’accordo sul fatto che gli Exodus siano stati sempre molto sottovalutati è soggettivo, ma è assai difficile additarli di aver mai avuto poca attitudine. E come per i dischi, anche questo live lo dimostra, dopo quasi trent’anni. Nuovamente.
Autore di capolavori qualitativamente irraggiungibili, il quintetto ha da sempre una marcia in più on-stage, dove la vera natura si rivela nella sua forma più incontaminata. Le mie considerazioni sono favorite dall’averli visti più volte in sede live. Non mi è quindi difficile immedesimarmi tra la folla di quello show; immaginare che, anche in quest’occasione, come nelle precedenti, il rendimento deve aver toccato picchi di notevole qualità. Cosa che non si può dire della qualità audio (almeno su CD) poiché non delle migliori, soprattutto se si evince quanto un degno lavoro di missaggio sia fattibile oggigiorno.

Ma veniamo ai contenuti. La setlist è a dir poco favolosa. Quasi tutti i classici sono riproposti con estrema precisione: “Bonded By Blood”, “A Lesson In Violence” (da pelle d’oca!), “Piranha”, “Deathamphetamine”, “Blacklist”, … andassi avanti con i titoli, la citerei, con molta probabilità, tutta! Sostanzialmente, per darvi un’idea, mi viene da affermare che il tutto odora di thrash metal, tutto sprigiona energia e carattere stradaiolo. Anche la voce di quel Rob Dukes che, mi perdonino i suoi più intimi fans, non sempre mi ha dato l’impressione di integrarsi perfettamente a un songwriting così puro e brillantemente ‘Bay Area’ dei vecchi pezzi (… e dei nuovi pure!) quanto più tendente all’hard-core. Perlomeno il buon Rob ci sa fare alla grande con il pubblico: poco ma sicuro!
A corollario del tutto, la Nuclear Blast Records ha previsto anche una versione speciale in ‘double gatefold LP’, tanto per compiacere i puristi amanti del dolce fruscio ‘old-school’ di sottofondo.

Grazie a questa pubblicazione e conseguente recensione mi tolgo un sassolino dalla scarpa bucata. A mio parere, un’altra lezione al mondo del thrash metal è stata data; una lezione che tanti ancora si ostinano a non voler capire. Sapete perchè dico ciò? Perché ad ascoltare questo live, un istantaneo pensiero m’è balzato in testa. Il fatto che non si ritenga la band degna di rappresentare il thrash metal immortale solo perché un giornalista fallito, venticinque anni fa, identificò i grandi maestri del thrash metal nei soli Metallica, Slayer, Megadeth e Anthrax. E, ancora oggi, ci si ostina a pensarla così. Nessuna riconoscenza, purtroppo. Sì, diciamola tutta: come tanti di voi, avrei anch’io speravo in un Big Five. Gli Exodus se lo meritavano. Se lo stra-meritavano! Ascoltate e fatemi sapere se mi sto sbagliando. Immensi.

“Nothing can Save Them Now
You’ve Learned a Lesson in Violence
Get on your Knees and Bow
Or Learn a Lesson in Violence”

Nicola Furlan
 

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Lista brani:
01. Bonded By Blood
02. Iconoclasm
03. Funeral Hymn
04. A Lesson In Violence
05. Children Of A Worthless God
06. Piranha
07. Deathamphetamine
08. Blacklist
09. War Is My Shepherd
10. Strike Of The Beast
11. Shovel Headed Kill Machine

Formazione:
Rob Dukes: Voce
Gary Holt: Chitarra
Lee Altus: Chitarra
Jack Gibson: Basso
Tom Hunting: Batteria
 

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